Libero Andreotti

Libero Andreotti

libero andreotti

Libero Andreotti nace en Pescia el 15 de junio de 1875. Por todo el período de su juventud trabaja en la oficina de un herrero, después de los diecisiete años se traslada a Lucca donde estrecha relaciones con el mecenas Alfredo Caselli y el poeta Giovanni Pascoli que lo inician al mundo del arte.

Gracias al tío Ferruccio Orsi obtiene en Palermo un trabajo con el editor Sandron como ilustrador del semanal socialista «La Battaglia». De todos modos en 1899, desilusionado por los ambientes isleños, vuelve a Florencia donde encuentra trabajo en una tipografía. Relativamente tarde, alrededor de 1902, inicia a modelar en arcilla en el estudio de Mario Galli, alentado por los amigos Galileo Chini, Oscar Ghiglia y Adolfo De Carolis.

En 1906, habiéndose trasladado a Milán, su obra impresiona a Vittore Grubicy de Dragon que lo alienta a participar en la VII edición de la Bienal de Venecia de 1907. Es en la capital lombarda que en 1906 Andreotti se agrega al grupo de los divisionistas.

Del 1907 al 1914 se queda en París donde es influenciado por Bourdelle y J. Bernard. En 1911 expone con una exposición personal en la Galérie Bernheim Jeune y seguidamente en el Salon d’Automne, obteniendo un notable éxito. En París se verifica en Andreotti el abandono de las experiencias juveniles impresionistas y la consiguiente orientación hacia la investigación de la compacidad en la masa plástica.

Después del estallido de la Primera Guerra Mundial será forzado a volver a Florencia donde enseñará en el “Istituto d’Arte” y estará en dirección del llamado cenáculo del «Antico Fattore». En estos años su búsqueda se dirige hacia lo monumental, con referencias a la escultura románica y al “Quattrocento” florentino. Incluso por una cierta estilización la producción en mármol y bronce será abundante. Pertenecen a este período los monumentos a los Caídos de Roncade (1922), el monumento a los Caídos de Saronno (1924), el monumento a la Madre Italiana en Santa Croce en Florencia (1924-1925), el Cristo resucitado en el Arco della Vittoria en Bolzano (1928) y el grupo de Africo y Mensola en la Galería Nacional de Arte Moderna en Roma del 1933.

Los últimos años de su vida los pasó en Florencia, donde se convirtió en animador del ambiente cultural ciudadano. Muere en Florencia el 4 de abril de 1933.

La Seduzione dell’Antico

La seduzione dell’antico

Da Picasso a Duchamp, da De Chirico a Pistoletto

21 de Febrero de 2016 – 26 de junio de 2016   Inauguración: sábado 20 de febrero de 2016   Ente Organizador: ayuntamiento de Ravenna – Asesorado por Cultura, MAR , Ravenna

Ingreso: € 9 entero; € 7 reducido y grupos; € 4 estudiantes, academia, universidad y profesores; € 5 Audioguía

 

Horarios: hasta el 31 de marzo martes – viernes 9-18 sábado y domingo 9-19 cerrado el lunes / Closed on Mondays

Desde el uno de abril: martes – jueves 9-18 viernes 9-21 sábado y domingo 9-19 cerrado el lunes. La billetería cierra una hora antes de las aberturas estivas 9-19 Pascua, Lunes de pascua, 25 de abril, 1° de mayo, 2 de junio.

Días  de cierre: Lunes

 

Sede: Mar – Museo d’Arte della città di Ravenna

 

“Quel non so che di antico e di moderno….” lo scriveva Carlo Carrà in un tempo in cui, dopo la stagione futurista, era ormai rivolto ad un ripensamento del passato avviato con ‘Parlata su Giotto’ e ‘Paolo Uccello costruttore’.

Un pensiero che ormai andava diffondendosi anche oltre i confini, ambiguamente definito il ‘ritorno all’ordine’ dopo le ‘avventurose’ sortite delle avanguardie che avevano segnato il primo Novecento fino agli anni della Grande Guerra.

Ma se la fase delle avanguardie storiche non poteva dirsi conclusa, almeno fino all’entrata in scena del Surrealismo, col manifesto del 1924, il clima storico era profondamente mutato, come stanno a documentare i cambiamenti di rotta di diversi protagonisti di quelle stesse avanguardie.

La mostra, realizzata grazie al prezioso sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, esamina quanto insopprimibile sia stato il richiamo dell’ “antico” lungo tutto il ‘900. Il secolo che all’insegna del ‘nuovo’ ha visto le avanguardie dei primi decenni e quindi le neoavanguardie del secondo dopoguerra, protagoniste della scena artistica internazionale, e alle quali anche la critica, Musei, Fondazioni e un mercato sempre più determinante, hanno rivolto le maggiori attenzioni.

Questa mostra, ripercorrendo la storia del secolo scorso con uno sguardo diverso, mira a documentare artisti e vicende che testimoniano l’attenzione all’ “antico” non solo degli artisti che non sono stati partecipi delle ricerche e delle trasgressioni delle avanguardie, ma anche di molti che senza rinnegare la loro appartenenza a movimenti, gruppi, tendenze innovative, hanno attinto, in modi diversi, alla memoria storica.

Una memoria ripresa talora come restituzione moderna di modelli dell’antico, magari fino all’esplicita citazione; oppure in forma evocativa, o ancora, come pretesto per una rilettura inedita o uno sguardo disincantato rivolto a opere e figure mitizzate del passato per contestualizzarle in una contemporaneità all’apparenza quanto più lontana dalla tradizione. Fino alle operazioni più disincantate e dissacratorie condotte da alcuni artisti.

Da protagonisti come De Chirico, Morandi, Carrà, Martini, Casorati, al periodo cruciale del ‘ritorno all’ordine’ fra le due guerre, col ‘Novecento’ di Margherita Sarfatti e Sironi figura dominante, fino al cosiddetto ‘Realismo magico’, ma anche alle versioni diversissime del ‘neobarocco’, da Scipione a Fontana a Leoncillo; figure come Guttuso e Clerici, quindi la stagione della Pop Art, con Schifano, Festa, Angeli, Ceroli, e quindi, nel pieno dell’Arte Povera, Paolini e Pistoletto.

E ancora, da Salvo ad Ontani, da Mariani a Paladino. Con una presenza rilevante di stranieri quali Duchamp, Man Ray, Picasso, Klein, per citare solo pochi nomi.

PIERO DELLA FRANCESCA – Indagine su un mito

PIERO DELLA FRANCESCA – Indagine su un Mito

Forlì – Musei di San Domenico

13 de febrero – 26 de junio de 2016

L’affascinante rispecchiamento tra critica e arte, tra ricerca storiografica e produzione artistica nell’arco di più di cinque secoli è il tema della mostra Piero della Francesca. Indagine su un mito. Dalla fortuna in vita  _ Luca Pacioli lo aveva definito “il monarca della pittura” _  all’oblio, alla riscoperta.

Alcuni dipinti di Piero, scelti per tracciare i termini della sua riscoperta, costituiscono il cuore dell’esposizione. Accanto ad essi figurano in mostra opere dei più grandi artisti del Rinascimento che consentono di definirne la formazione e poi il ruolo sulla pittura successiva.

Per illustrare la cultura pittorica fiorentina negli anni trenta e quaranta del Quattrocento, che vedono il pittore di Sansepolcro muovere i primi passi in campo artistico, saranno presenti opere di grande prestigio di Domenico Veneziano, Beato Angelico, Paolo Uccello e Andrea del Castagno, esponenti di punta della pittura post-masaccesca.

L’accuratezza prospettica di Paolo Uccello e l’enfasi plastica delle figure di Andrea del Castagno, la naturalezza della luce di Domenico Veneziano, l’incanto cromatico perseguito da Masolino e dall’Angelico, costituiscono una salda base di partenza per il giovane Piero. Ma la mostra vuol dar conto anche dei primi riflessi della pittura fiamminga, da cogliere negli affreschi del portoghese Giovanni di Consalvo, nei quali l’esattezza della costruzione prospettica convive con un’inedita attenzione per le luci e le ombre.

Gli spostamenti dell’artista tra Modena, Bologna, Rimini, Ferrara e Ancona determinano l’affermarsi di una cultura pierfrancescana nelle opere di artisti emiliani come Marco Zoppo, Francesco del Cossa, Cristoforo da Lendinara, Bartolomeo Bonascia. Importanti sono i suoi  influssi nelle Marche su Giovanni Angelo d’Antonio da Camerino e Nicola di Maestro Antonio; in Toscana, con Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli; e a Roma, con Melozzo da Forlì e Antoniazzo Romano. Ma l’importanza del ruolo di Piero è stata colta anche a Venezia, dove Giovanni Bellini e Antonello da Messina mostrano di essere venuti a conoscenza del suo mondo espressivo.

La mostra, aperta dal confronto, sempre citato ma fin’ora mai mostrato, tra la Madonna della Misericordia di Piero della Francesca e la Silvana Cenni di Felice Casorati, da conto della nascita moderna del suo “mito” anche attraverso gli scritti dei suoi principali interpreti: da Bernard Berenson a Roberto Longhi.

La riscoperta ottocentesca di Piero della Francesca e affidata a importanti testimonianze: dai disegni di Johann Anton Ramboux alle straordinarie copie a grandezza naturale del ciclo di Arezzo eseguite da Charles Loyeux, fino alla fondamentale riscoperta inglese del primo Novecento, legata in particolare a Roger Fry, Duncan Grant e al Gruppo di Bloomsbury, di cui fece parte anche la scrittrice Virginia Woolf.

Il fascino degli affreschi di Arezzo sembra avvertirsi nella nuova solidità geometrica e nel ritmo spaziale di Edgar Degas. Un simile percorso di assimilazione lo si ritrova in pittori sperimentali e d’avanguardia come i Macchiaioli. Echi pierfrancescani risuonano in Seurat e Signac, nei percorsi del postimpressionismo, tra gli ultimi bagliori puristi di Puvis de Chavannes, le sperimentazioni metafisiche di Odilon Redon e, soprattutto, le vedute geometriche di Cézanne.

Il Novecento è per più aspetti il “secolo di Piero”: per il costante incremento portato allo studio della sua opera, affascinante quanto misteriosa; e per la centralità che gli viene riconosciuta nel panorama del Rinascimento italiano. Contemporaneamente la sua opera è tenuta come modello da pittori che ne apprezzano di volta in volta l’astratto rigore formale e la norma geometrica, o l’incanto di una pittura rarefatta e sospesa, pronta a caricarsi di inquietanti significati. La fortuna novecentesca dell’artista è raccontata confrontando, tra gli altri, gli italiani Guidi, Carrà, Donghi, De Chirico, Casorati, Morandi, Funi, Campigli, Ferrazzi, Sironi con fondamentali artisti stranieri come Balthus e Hopper che hanno consegnato l’eredità di Piero alla piena e universale modernità.

ArteFiera Bologna 2016

ArteFiera Bologna 2016
Fiera internazionale di arte contemporanea
desde el 29 de enero al 1 de febrero 2016
Viale della Fiera, 20 40127 Bologna

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Disegni del 900

Disegni del 900

Desde el 16 de septiembre al 6 de noviembre de 2015

Primavera 2015

Epifanie di Primavera

Se la primavera è rinascita della vita dopo l’apparenza di morte dell’inverno, nessuno tra i quadri qui esposti può annunciarla meglio della fortunosa salvazione dell’infanzia celebrata dal coloratissimo pennello di Armando Spadini.

Una festa di bellezza femminile, sulle rive di un Nilo trasfigurato in laziale fiume d’Arcadia, accoglie la nuova fortunata esistenza di Mosè, esso stesso seme e germoglio della primavera di un popolo nuovo. Ed è davvero incarnazione della primavera, sotto la cui pelle di petalo pare scorrere linfa anzichè sangue, la nuda giovane donna di Ferruccio Ferrazzi, giovane sempre, come solo una natura della divinità può esserlo.

Ci sarebbe piaciuto, per celebrare il momento stagionale con le nostre preferenze figurative, presentarvi ogni opera come un epifania primaverile, ma non è stato possibile: la magica Notte di San Giovanni di Corrado Cagli coincide con il solstizio d’estate, tra il 23 e il 24 giugno. La Natura Morta di De Pisis, con la sua zucca variopinta e i suoi terrosi funghi coincide incontrovertibilmente con l’autunno. I frammenti archeologici di Sironi, soprevvissuti alla rovina di un mondo da lui stesso creato in figura, inchiodano questo geniale archeologo della sua stessa arte perduta ad un unica data, oltre alla quale egli soprevvisse, quella del 25 luglio. Eppure tutto ciò che presentiamov appartiene ad una primavera artistica del nostro paese, allmeno così essa appare a noi, a guardarla dopo una tumultuosa estate, un autunno marcescente, ora, in quel che pare un nuovo inverno della nostra storia. Inverno di idee, di talenti, di belle figure. L’omaggio alla primavera passata ci sembra il miglior modo per auspicare una nuova fioritura.

La muestra estará abierta a partir del 22 de abril del 2015, en la Galleria del Laocoonte, Via Monterone 13.

Lunes cerrado.

Horario mar.-sáb. 10-13, 15,30-19.

 

Catálogo en preparación. Comisarios/as: Marco Fabio Apolloni y Monica Cardarelli.

 

Galleria del Laocoonte: Via Monterone 13/13 A – 00186 Roma | Tel. 06 68308994 | laocoontegallery@libero.it

Invito-mostra-Primavera-2015

Esposizione universale Roma

Esposizione universale Roma. Una città nuova dal fascismo agli anni ’60

La Galleria del Laocoonte partecipa con due opere alla mostra

Esposizione universale Roma. Una citta’ nuova dal fascismo agli anni ’60
Desde el 12 de marzo al 14 de junio de 2015

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Libero Andreotti – Antologia di un grande scultore del ‘900

Libero Andreotti, Antologia di un grande scultore del ‘900

Dal 1 al 6 ottobre 20104 In occasione della Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma presso Palazzo Venezia, stand E4  

La Galleria del Laocoonte presenta una eccezionale raccolta di diciassette opere dello scultore Libero Andreotti, tra i massimi del nostro ‘900. Tredici bronzi, dalla minuscola danzatrice del 1907 alla monumentale Giustizia del 1932, sono una ricca antologia del suo fare artistico, dall’erotismo di inizio secolo fino all’astratta ieraticità che tramuta la Giustizia in divinità arcaica destinata al nuovo Tribunale di Milano.

Oltre ad un rilievo in cera e a due disegni di grande formato, vi è anche una rara scultura in marmo di Candoglia, “La Vigne” ovvero Baccante con Bacchino ubriaco, meditazione ispirata e leggera sulle sculture di Maillol e sul non-finito michelangiolesco.

Libero Andreotti

(Pescia 1875 – Firenze 1933)

Di umili origini, illustratore autodidatta, sempre affamato, Andreotti scopre la scultura a Firenze nel 1904, a quassi trent’anni, mettendosi per caso a lavorare la creta. Già nel 1905 si trasferisce a Milano dove il gallerista Alberto de Grubicy vorrà l’esclusiva dei suoi lavori. Rescisso il contratto, lo scultore si trasferisce a Parigi, dove il famoso sarto Worth lo introduce nel bel mondo. Un periodo di grande successo che si interrompe quando dovrà lasciare la Francia per via della guerra del ’14.

Rientrato a Firenze, mutato stile, si lega all’influente critico Ugo Ojetti, che vedrà in lui il continuatore dell’antica tradizione scultorea italiana. Titolare di cattedra nel 1920, sposa nel ’23 la sorella del pittore Aldo Carpi, aderendo agli ideali religiosi di quest’ultimo. E’ la stagione dei monumenti ai caduti e della vittoria al concorso per la Pietà di S.Croce che gli valse non poche critiche. Muore nel 1933 lasciando come ultima opera il gruppo di Affrico e Mensola.

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Disegni e Tempere dal Futurismo al Dopoguerra

Mario Sironi

Disegni e Tempere dal Futurismo al Dopoguerra

 

INAUGURACIÓN DE LA MUESTRA y de la GALLERIA DEL LAOCOONTE: un nuovo punto di incontro a Roma per gli amatori e cultori dell’arte del Novecento storico italiano e della tradizione figurativa e classica nell’arte moderna e contemporanea.

 

Con l’inaugurazione della mostra MARIO SIRONI Disegni e tempere dal Futurismo al Dopoguerra, la Galleria del Laocoonte vuol presentare il proprio esordio espositivo come punto di riferimento per gli amatori e cultori dell’arte del Novecento storico italiano e dell’irriducibile tradizione figurativa e classica nello sviluppo della nostra arte moderna fin nel presente.

Questa prima mostra dedicata al più potente e originale artista italiano attivo tra le due guerre è il frutto di una appassionata ricerca presso eredi, collezionisti e mercato, per offrire a Roma un’ampia e variegata scelta del giovane Sironi futurista, del metafisico paesaggista urbano dell’Italia dolorosamente entrata nella modernità con la Prima Guerra Mondiale, dell’illustratore fedele della controstoria fascista nelle caricature per il “Popolo d’Italia”, il giornale di Mussolini, in cui l’immaginario grottesco si tinge, letteralmente, di una dolorosa e drammatica tragicità.

Sironi fu infatti pittore, affrescatore, inventore di architetture e sculture durevoli ed effimere per le costruzioni monumentali e le trionfalistiche manifestazioni del Regime, ma anche anche un prodigioso illustratore: copertine di riviste e di libri, manifesti pubblicitari e propagandistici, sono presentati in questa mostra in fogli dove l’artista ha espresso con foga tumultuosa e palpitante materia di colore le prime idee di opere, poi riprodotte sulla carta stampata o per la pubblica affissione, che possono essere annoverate tra i capolavori dell’arte per le masse del Novecento.

Si notano una tricolore pubblicità per la prima 500 della Fiat, “La Vetturetta del Lavoro e del Risparmio”, del 1936. Sempre per la fiat, velivoli attraversano il cielo come notturne comete, piegando la mistica futurista della velocità e della macchina al servizio delle industrie aereonautiche nazionali.

Tra le illustrazioni per l’editoria si distinguono gli essenziali progetti di illustrazione per la rivista Gerarchia, e il suggestivo bozzetto per la copertina del libro di Mario Appelius, La Sfinge Nera, del 1924.

La mitologia del ventennio è rappresentata trasfigurata in travolgente fantasia visionaria nella prima idea per il manifesto della Mostra della Rivoluzione Fascista del 1932. Come anche in quello per il famoso, più che pregevole, film “Scipione l’Africano” del 1937-38, e in molti altri fogli dove, moschetti imbracciati e branditi, Italie turrite solide come muliebri sculture romaniche, aquile imperiali vive e minacciose, mostrano la forza evocativa senza pari di un artista capace, grazie alla sua arte geniale, di rendere più grande del vero e più eroico ciò che nelle foto d’epoca e nei cinegiornali d’allora mostra oggi la sua prosaica fragilità.

Vi è forse anche in Sironi una capacità profetica che va al di là, ai nostri occhi di posteri, delle stesse intenzioni del propagandista: il progetto per un’illustrazione della “Rivista Illustrata del Popolo d’Italia” del 1943, che in un drammatico monocromo bianco e nero stampa come un’indelebile istantanea “Il Mondo in fiamme e la Morte”, sembra un grido sull’insensatezza della storia in cui non si riesce a riconoscere la voce di una parte politica, ma un accento universale e sempre valido.

La mostra, che raduna ben 57 pezzi, tra disegni, tempere, acquarelli, e un olio su cartone, comprende schizzi di progetti architettonici e decorativi, per il palazzo dei Giornali di Milano, per il palazzo delle Poste di Bergamo, per il palazzo Littorio di Roma, ed altri che sembrano appartenere ad un’utopia architettonica solo immaginaria. Schizzi per dipinti realizzati e non, come il potente ed essenziale “Donna con albero”, ed ancora disegni fatti solo per l’amore e il dovere di disegnare come, per esempio, il primo commovente schizzo a penna biro, dedicato alla compagna Mimì appena dopo il risveglio di Sironi da un’operazione subita nel 1950.

Il Sironi del dopoguerra, anche dopo il crollo dei suoi ideali e del mondo che egli credeva di aver contribuito a costruire durevole, rimane un grande artista, come testimoniano i colorati geroglifici di quattro pannelli per il transatlantico “Conte Biancamano”, o uno straordinario schizzo per il manifesto della Medea di Euripide messa in scena nel teatro romano di Ostia Antica nel 1949.

Il catalogo della mostra, pubblicato da Polistampa di Firenze, è curato da Fabio Benzi al cui testo di esperta esegesi, posto come introduzione, sono interfoliate le inedite foto di un servizio che ritrae Mario Sironi nel suo studio, realizzato nei primi anni ’50 da Sanford H. Roth.

 

Muestra MARIO SIRONI Disegni e tempere dal Futurismo al Dopoguerra.

Del 11 de abril al 7 de julio de 2014.

Inauguración: jueves 10 de abril, hora 17:00

Galleria del Laocoonte

Via Monterone 13/13 A

00186 Roma

Tel. 06/68308994

www.laocoontegalleria.it

laocoontegallery@libro.it

Horario: martedes – sábado 10:00 -13:00, 15:00 -19:00.

Arte Padova 2014

ArtePadova

25a Mostra Mercato d’Arte Moderna e Contemporanea

desde el 14 al 17 de noviembre de 2013
 
Via Niccolò Tommaseo, 59
35131 Padova
 
Artistas presentes en la feria:

Savinio Alberto
Basaldella Afro
Balla Giacomo
Marino Marini
Sironi Mario
Basaldella Mirko
 
horarios de apertura:
Preview a invitación: jueves 14 de noviembre horas 18.00
Apertura al público: de viernes 14 a domingo 16 horas 10.00 a las 20.00
lunes 17 horas 10.00 a las 13.00

ArteFiera Bologna 2014

”ArteFiera Bologna 2014″

Fiera internazionale di arte contemporanea
del 24 al 27 de enero de 2014
Viale della Fiera, 20 40127 Bologna

Artistas presentes en la feria:

Savinio Alberto
Vespignani Renzo
Brunelleschi Alberto
Basaldella Afro
Balla Giacomo
Marini Marino
Sironi Mario
Mori Marisa
Alò Patrick

Horarios de apertura:
De viernes a domingo: 11.00-19.00
Lunes: 11.00-17.00

Artistas presentes en la galería:

Severini Gino
Guerrini Giovanni
Morbiducci Publio
Chini Galileo
Andreotti Libero
Tamburi Orfeo
Funi Achille
Basaldella Mirco
Leonardi Leoncillo
Cambellotti Duilio
Martini Alberto
Carena Felice
Grassi Virgilio
Balla Giacomo
Sironi Mario
Savinio Alberto

Arte Padova 2013

ArtePadova

24a Mostra Mercato d’Arte Moderna e Contemporanea

 
del 15 al 18 de noviembre de 2013
 
Via Niccolò Tommaseo, 59 
35131  Padova
 
Artistas presentes en la feria:

Savinio Alberto
Brunelleschi Alberto
Basaldella Afro
Balla Giacomo
Furlan toni
Martini Alberto
Ghiglia Oscar
Biancini Angelo
Felice Carena
Severini Gino
Libero Andreotti
 
Horario de apertura: Preview a invitación: jueves 14 de noviembre a las 18.00
 
Apertura al público:
de vienes 15 a domingo 17 de las 10.00 a las 20.00
lunes 18 de las 10.00 a las 13.00

Afro Basaldella

Afro Basaldella

afro basaldella

Afro Libio Basaldella nace en Údine en 1912. Después de la muerte del padre, pintor y decorador, estudia en Florencia y en Venecia donde se diploma en pintura en 1931.

El debut artístico tiene lugar en 1928, a la edad de 16 años, cuando expone con sus hermanos Mirko y Dino en la “I Mostra della Scuola Friulana d’Avanguardia” en Údine.

El año siguiente forma parte en la “XX Esposizione dell’Opera Bevilacqua La Masa” en Venecia.

Siempre en 1929 obtiene una beca de la Fundación Marangoni de Údine, gracias a la cual se va a Roma con el hermano Dino. Aquí Afro entra en contacto con el ambiente artístico de la capital y por lo tanto, con Scipione, Mario Mafai y Corrado Cagli.

En 1932 se traslada a Milán donde, gracias a la intermediación del hermano Mirko, frecuenta el estudio de Arturo Martini. En 1933, siempre en Milán, tiene la ocasión de exponer en la Galleria del Milione.

Seguidamente Afro se traslada a Roma y en 1935 participa en la “Quadriennale”. En la capital, en la Galleria Cometa tendrán lugar las primeras muestras personales del artista en el ’36 y en el ’37. Siempre en 1936 formará parte de la Bienal de Venecia, donde participará en las ediciones sucesivas del ’40 y del ’42.

En 1938 Afro se instala en París donde conoce directamente la obra de Picasso, autor que influenciará los años de su madurez artística hasta el punto en que los primeros años de postguerra su pintura será definida neocubista. Después de la experiencia de la Escuela Romana, el breve acercamiento al Neocubismo y la realización de pinturas murales, en 1950 Afro se instala en los Estados Unidos e inicia la ventunésima colaboración con Catherine Viviano Gallery. Será la variada escena artística americana a dirigir la obra de Afro hacia la abstracción.

En 1952 se adhiere al “Gruppo degli Otto”, reunido en torno a la figura de Lionello Venturi que en un ensayo crítico alabará la habilidad técnica y la poesía del trabajo.

A mitad de los años Cincuenta la obra de Afro obtiene aprobación a nivel internacional: expone en la muestra The new Decade: 22 European Painters and Sculptors, muestra itinerante en el estado americano; participa en Documenta I de Kassel. En 1955 entra a formar parte de la comisión para las invitaciones a la VII “Quadriennale” de Roma y el año siguiente gana el premio por mejor artista italiano en la Bienal de Venecia.

En 1958 forma parte en la realización del mural para la nueva sede de la Unesco en París, pintando el “Jardín de la Esperanza”.

A inicios de los años Sesenta Afro continuará a exponer sus obras en el circuito internacional como en la II Documenta y en el MIT. Seguidamente gana el primer premio en la Carnegie Triennial de Pittsburgh y el premio italiano en el Solomon R. Guggenheim Museum de Nueva York.

Después de la muerte en 1969 del hermano Mirko, Afro inicia a mostrar problemas de salud que repercuten notablemente su producción, caracterizada del aumento de la obra gráfica a expensas de la actividad pictórica y expositiva.

Morirá en 1976 en Zúrich.

Angelo Biancini

Angelo Biancini

Angelo Biancini

Nacido en Castel Bolognese el 24 de abril de 1911, Angelo Biancini es dirigido por el padre artesano al curso profesional para ebanistas y talladores en la escuela “F. Alberghetti” de Imola. En 1929 se inscribe a los Cursos Superiores en el Instituto de Arte de Florencia donde se revela determinante el encuentro con Libero Andreotti, al cual estará íntimamente ligado y lo recordará siempre como su único, verdadero maestro. Las influencias de Andreotti sobre Biancini irán más allá del primer período sucesivo a la escuela y los ecos se propagarán hasta los años de Laveno cuando retomará temas ya elaborados en la escuela o basados en el recuerdo de obras del maestro.

Se dedicará pronto al trabajo de la mayólica, antes de orientarse a la escultura.

Los primeros testimonios de un interés cerámico de Biancini son las dos pequeñas estatuas del 1933 para l’ENAPI realizadas con Renato Bassanelli, más tarde expuestas en la Trienal de Milán: en esto, como en todos los casos de colaboración sucesivos, Biancini se limitó a la modelación de la obra, no incidiendo, más bien, dando a los realizadores precisas indicaciones sobre los colores y los esmaltes más apropiados. Una mayor producción de cerámica se remonta al período 1937-40, cuando figura activo en la “Società Ceramica Italiana” en Laveno, donde colabora en la dirección artística de la fábrica con Guido Andlovitz.

En 1934 llega su primer éxito ganando el premio de la sección de escultura en “Littoriali dell’Arte” en Roma con la “Lupa”. El mismo año participa por primera vez en la Bienal de Venecia. En Roma expone en la “Quadriennale” de Arte Nacional, después, en 1937 realiza dos grupos escultóricos para el “Ponte delle Vittorie” en Verona.

En aquellos años, gracias a la intermediación de Andreotti, Biancini se encarga de realizar una de las estatuas de mármol destinadas a decorar el Foro Mussolini en Roma (Atleta Victorioso), que es uniformada a un esquema predefinido y realizada por artesanos carrareses.

En 1942 entra en el Instituto de Arte para la Cerámica de Faenza y, en la postguerra, sucede a Domenico Rambelli en la cátedra de Decoración y Plástica Ornamental.

Ya en este momento la figura de Biancini emerge como una de las más influyentes entre los nuevos protagonistas de la escultura italiana. Junto a la actividad didáctica, continúa la artística participando en los mayores concursos nacionales. En 1943 obtiene el primer premio con una muestra personal en la “Quadriennale” Romana.

La postguerra es para Biancini un momento de renovado éxito: con las dos muestras personales milaneses del 1948 y del 1956 en la Galería San Fedele se impone aún más a la atención de la crítica nacional. Son numerosos los premios en los años sucesivos: en el Palacio de Exposiciones de Milán gana el “Bagutta” por la escultura (1961), en el mismo año, es premiado por el bronce “San Giovanni nel deserto” en la Exhibición Internacional de Arte Sacra de Trieste donde gana nuevamente en 1963 con “Il Pastore Sacro”.

Entre las obras monumentales resaltan los relieves para la nueva Basílica de Nazareth (1959), el baldaquino del “Tempio dei Martiri Canadesi” en Roma (1961) y el ciclo escultórico para el Hospital Mayor de Milán (1964). En 1981 deja el Instituto de Arte de Faenza para continuar a trabajar en el estudio.

Muere en 1988 en Castel Bolognese.

Antonio Biggi

<h2><strong>Antonio Biggi</strong></h2>

<p style=”text-align: justify;”><img class=”alignleft wp-image-22830 size-thumbnail” style=”margin-bottom: 10px; margin-right: 20px;” src=”http://lnx.laocoontegalleria.it/wp-content/uploads/2014/06/Antonio-Biggi-Squadrista-1938-H.-cm.-160-e1368027076834-150×150.jpg” alt=”” width=”150″ height=”150″ /></p>
Antonio Biggi nace en Carrara el 19 de octubre de 1904; en la ciudad natal frecuenta la Academia de Bellas Artes. En 1929 llega a Roma donde trabaja por un largo período en Via Margutta. En la capital lo llaman para colaborar en la gran hazaña del Foro Mussolini, probablemente, el Presidente de la “Opera Nazionale Balilla”, Renato Ricci. A partir de esta experiencia cobrarán vida las figuras de atletas que caracterizan la producción del período. En 1930, con la obra “Cristo Condotto al Calvario”, gana el concurso Clementino convocado por la Academia de San Luca. En 1936 en la Bienal de Venecia expone el “gesso Squadrista”. El mismo año realiza el “Ritratto di Vittorio Emanuele II” en bronce para el “Aula della Corte d’Assise” del “Tribunale di Littoria”. En 1939 gana la medalla de oro en el concurso para las puertas de San Pedro, para las cuales realiza bajorrelieves apenas acentuados; realiza además el portal de la “Chiesa degli Artisti di Roma”. En 1941 bajo comisión del “Genio Civile” realiza un panel decorativo en mármol rojo porfídico para el salón de las reuniones en la “Casa del fascio di Littoria”, posteriormente destruido por la última guerra.

Formará parte de la exposición de la “Quadriennale” romana desde el 1943 al 1959.

A mitad de los años cincuenta lo nominan encargado de la cátedra de escultura de la Academia de Bellas Artes de Nápoles y al mismo tiempo es profesor honorario en la de Carrara, de la cual se convierte en director. Numerosas son las comisiones públicas que continúa recibiendo, entre las últimas un Cristo y un “Apollo e le Muse” del 1961. En 1966 muere en Roma.

Antonio Biggi Squadrista, 1938 Gesso Cm h. 160

Umberto Brunelleschi

Umberto Brunelleschi

Umberto Brunelleschi

Hijo de Pietro, asegurador y de Benedetta Cappelli, nace en Montemurlo, en Pistoia, el 21 de junio de 1879. Inicialmente destinado a seguir los pasos paternos estudia, en cambio, pintura y escultura en la Academia de Bellas Artes de Florencia bajo la guía de Raffaello Sorbi y de Giuseppe Cianfani, frecuentando al mismo tiempo la “Scuola libera del Nudo”. Estrecha amistad con Ardengo Soffici y Giovanni Costetti junto a los que partirá con veinte años a la vuelta de París, atraído por la grande Exposición del 1900. Brunelleschi pronto encontrará trabajo como ilustrador en las revistas de moda y en periódicos humorísticos como «Le Rire», «Le Frou-Frou», «L’Assiette au Beurre», firmando inicialmente con el pseudónimo Aroun-Al-Raxid y Aron-al-Rascid. Desde 1906 el artista realiza diferentes portadas para el «Giornalino della Domenica», y hacia finales de 1908 figura entre los primeros colaboradores del «Corriere dei Piccoli» donde en calidad de ilustrador dará vida a diferentes personajes para las tablas coloradas, como Fifina, Pupo, Coccoletta, Frugolino y Frugoletto.

En todos estos años no abandonó la pintura, pero será la ilustración a hacerlo célebre ya al final del primer decenio del Novecientos. El pintor florentino Baccio Maria Bacci testimonia en algunas páginas de su diario datado en 1913 en el que se describe una de las magníficas fiestas organizadas por el artista, en su lujoso estudio parisino de Via Boissonarde, «messo un po’ alla orientale, un po’ alla liberty» (“puesto un poco a la oriental, un poco a la liberty”) en el que participaban artistas, escritores y personalidades importantes de la época. Modigliani, Picasso, Soutin, Derain, D’Annunzio, Ida Rubinstein, son solo algunos de los nombre de la lista de los amigos y frecuentadores de la casa de Brunelleschi.

En esta época ya se había casado con Camille, llamada «Camillona […] bionda, prosperosa, espansiva» (“Camillona […] rubia, próspera, expansiva”), que había compartido con él también los momentos menos afortunados.

Al estallar la primera guerra mundial volvió a Italia y partió para el frente, continuando a dibujar en «Il Numero» y «La Tradotta», periódico de la “Terza Armata” fundada por él mismo.

En 1919 volvió a París donde fundó la «Guirlande», una revista colorada integralmente “au pochoir”.

Hasta los años treinta su actividad es casi frenética, trabajó mucho en teatro sea como diseñador de vestuario que como escenógrafo. Se ocupó de las preparaciones escénicas para las Folies Bergère, el Casino, el Mogador, el Châtelet, el Marigny y el Théâtre de París y en 1926 preparó una serie de ballets (Old Heidelberg) en el Roxy de Nueva York. En 1924 inició a dibujar los vestidos para la Turandot, comisionados por Giacomo Puccini, hoy conservador en el Museo Teatrale della Scala di Milano.

Además de exponer ininterrumpidamente en las Bienales de Venecia desde 1914 a 1938, preparó varias exposiciones personales en París, normalmente exponiendo retratos de personajes ilustres de su tiempo.

Murió en París el 16 de febrero de 1949.

Duilio Cambellotti

Duilio Cambellotti

Duilio Cambellotti

Duilio Cambellotti es el artista artesano por excelencia, comprometido en la cuestión social y en la didáctica.

Como William Morris, sostiene la utopía socialista del arte global, moralizadora, pedagógica, accesible a todos.

Se diploma en contabilidad en el Liceo Artístico Industrial especializándose en el cincelado del metal. En 1897 obtiene la habilitación para enseñar en las escuelas y el mismo año gana el concurso para la realización de los palos de sustento de los tranvías romanos, el modelo de los cuales hará hacer a Mariano Coppedé. Terminados los estudios inicia la actividad de diseñador, proyecta espejos, cofrecillos, marcos, agujas y una serie de lámparas para la empresa Schulz de Berlín y para otras empresas europeas. En 1898 participa en el concurso para el manifiesto de la Exposición Nacional de Turín con la obra “Incandescenza”, diseñado para la empresa Lipizzi. Con el amigo Alessandro Marcucci frecuenta Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Vittorio Grassi, Gino Severini, Umberto Bottazzi.

Desde 1903 empieza a colaborar con «Fantasio», «L’Avanti della Domenica», «Rassegna Internazionale», «Novissima».  En 1905 es diseñador de vestuario del neonato Teatro Stabile de Roma y en 1908 diseña los vestidos y proyecta la escenografía de “La Nave” de D’Annunzio en el Teatro Argentina de Roma. En el mismo año junto a Grassi y Bottazzi da vida al semanal «La Casa», mientras con el amigo Marcucci y Sibilla Aleramo promueve la construcción de escuelas en el campo romano. En 1913 diseña los muebles y los vestidos para la película “Gli ultimi giorni di Pompei”.

Ilustra “Nel regno dei nani” de A. France, “Storie Meravigliose” de N. Hawthorne y “Le Mille e una Notte”. En 1914 diseña las escenas para Agamenón de Esquilo representado en el Teatro Griego de Siracusa con el cual tuvo una colaboración de treinta años. El mismo año participa a la Exposición Internacional del libro y de la gráfica de arte en Leipzig con algunas témperas del ciclo «Leggende Romane». En 1915 participa en la III “Secessione Romana” con un grupo de vitrales realizados por Cesare Picchiarini para la “Casina delle Civette” de Villa Torlonia. Del 1917 al 1927 es designado director de la Escuela de Cerámica en los laboratorios del “Istituto San Michele” de Roma. Su primera exposición personal es del 1919, hecha en la “Bottega d’Arte Moderna”, la galería romana de Maria Monaci Gallega. El mismo año realiza el “Monumento ai Caduti” de Priverno y participa en la Exposición de la Sociedad Promotora de Bellas Artes de Turín con algunas obras como “La pace” y “La Corazza”. En 1920 ilustra los “Racconti della foresta e del mare” y “Le mitologie” de N. Hawthorne, “Le Favole di Trilussa”, “La siepe di smeraldo” de E. Cozzani y trabaja en el “Monumento ai caduti” de Terracina con el grupo “Le dolorose”. En 1922 obtiene un gran éxito con las escenas y los vestidos para Las Bacantes de Eurípides y Edipo Rey de Sófocles. En 1923 pone en escena Los siete contra Tebas de Esquilo y Antígona de Sófocles en el Teatro Griego de Siracusa. En 1926 ilustra el grande volumen “I fioretti” de San Francisco. Entre 1926 y 1927 permanece mucho tiempo en Terracina donde dibuja al natural y prepara una serie de acuarelas sobre la historia y los mitos del Circeo. En 1928 expone en la XVI Bienal de Venecia la preparación escénica para el Teatro de la Ópera de Roma en la Muestra del Arte del Teatro preparada por Margherita Sarfatti.

En 1930, por el matrimonio de Umberto de Saboya, diseña las agrupaciones escénicas del desfile histórico que se realizó desde el Aventino al Quirinal y es nombrado “Accademico di San Luca”.

En 1931 está ocupado en el vastísimo trabajo para la decoración y los muebles del “Palazzo dell’Acquedotto Pugliese” de Bari. En 1934 trabaja en “La conquista della terra”, un ciclo pictórico para una sala de la prefectura de Latina y el mismo año decora con pinturas murales la sala de la nueva Prefectura de Ragusa. En 1948 prepara en Siracusa la Orestíada de Esquilo. En los años entre 1949 y 1959 concluye el ciclo de xilografías “Leggende romane”, compuestas de treinta y cinco grandes tablas en madera. Muere en Roma el 31 de enero de 1960.

DuilioCambellotti La Legnara, 1945 Matita su carta
Duilio Cambellotti La Legnara, 1945 Matita su carta Cm 41x116

Felice Carena

Felice Carena

Felice Carena

Nacido en Cumiana el 13 de agosto de 1879, Felice Carena es estudiante de Giacomo Grosso en la Academia Albertina de Turín. Sus primeros intereses están dirigidos a los trabajos de ámbito secesionista y simbolista; después de su única visita a París durante los años de la academia quedará fascinado por las obras de Courbet.

Después de haber ganado el “Pensionato artistico nazionale” en 1906 con la pintura “La Rivolta” se traslada a Roma y en 1910 obtiene una sala personal en la “Mostra degli amatori e cultori”.

En 1912 expone en la Bienal de Venecia, con obras que revelaban su posición en ámbito de un verismo con fondo simbolista. De aquellos años son significativos los trabajos de corte severo, fuera de las búsquedas de vanguardia, pero tendentes a una síntesis expresiva como el “Ritratto della madre” (1912). En 1913 está entre los miembros de la comisión ordenadora de la I “Secessione romana”.

Entre 1913 y 1915 es influenciado por la poesía de Matisse y Cézanne, que llevan a la renovación de su lenguaje pictórico. Hacia 1915 compone naturalezas muertas y figuras, posteriormente expuestas en Roma en 1916 en la “Mostra degli amatori e cultori di Belle Arti” en la cual se alternan trazos espesos de pintura movida con una mayor firmeza de forma y luz.

En el período de la primera guerra mundial trabaja poco y por méritos en el campo lo nominan oficial de artillería. Seguidamente se traslada a Anticoli Corrado, ambiente ferviente de encuentros y muy importante para sus elecciones temáticas y formales.

Entre 1922 y 1924 organiza junto al escultor Attilio Selva una escuela de arte en los “Orti Sallustiani”. Las clases son frecuentadas, entre otros, por Emanuele Cavalli, Giuseppe Capogrossi y Fausto Pirandello.

En 1924 es nombrado docente en la Academia de Bellas Artes de Florencia donde enseña hasta 1945. En Florencia estrecha amistad con Ardengo Soffici y Libero Andreotti. En 1933 se convierte en Académico de Italia.

Al terminar el segundo conflicto mundial es obligado a retirarse del enseñamiento. Deja el convento toscano en el que vivía solo, después de la destrucción por bombardeo aéreo de su casa en Florencia, y retoma su actividad en Venecia, en Cannaregio, donde pasará, trabajando y apartado, los últimos veinte años de su vida.

Alrededor del 1940 su pintura presenta momentos más dramáticos, luces contrastadas, alcanzando a veces toques expresionistas. Tendrá como estímulo las obras del Tintoretto, pero también los nuevos fermentos de la cultura visiva contemporánea y los acontecimientos dolorosos de su propia vida y ajenos.

En 1945 se traslada a Venecia donde trabajará hasta 1966, año de su muerte.

Felice Carena - Le Bagnanti, 1925, China su carta, Cm 15x20
Felice Carena - Le Bagnanti, 1925, China su carta, Cm 15x20

Antonio Corpora

Antonio Corpora

AntonioAntonio Corpora Corpora nace en Túnez el 15 de agosto de 1909 en una familia de orígenes sicilianos.

A la edad de 19 años entra en l’“École des Beaux Arts” de Túnez, donde estudia con Armand Vergeaud, estudiante de Gustave Moreau. Se traslada a Florencia en 1929 y frecuenta las clases de Felice Carena, pero desilusionado por el ambiente conservador de la ciudad, se traslada a París en 1930, después de una muestra personal en el Palazzo Bardi.

En París adquiere la influencia de las grandes escuelas post-impresionistas, cubistas y fauves. Sin embargo no se establece definitivamente y continúa a viajar: en 1939 tiene una segunda muestra personal en Italia, en la “Galleria del Milone” en Milán, encontrándose con un ambiente frecuentado por artistas como Fontana, Reggianni y Soldati.

Sus viajes se acaban en 1945 cuando se traslada definitivamente a Roma, en un primer período como huésped en el estudio de Renato Guttuso. Su idea de renovación del lenguaje pictórico italiano lo lleva junto con Guttuso a la constitución del “Fronte Nuovo delle Arti”, con el que participa en su primera Bienal de Venecia en el ’48.

En 1952 Corpora convence a Lionello Venturi a escribir un breve ensayo de presentación del “Gruppo degli Otto” para la Bienal de aquel mismo año.

En la Bienal Corpora gana el Premio de la “Giovane Pittura Italiana” y algunas de sus obras son compradas por el “Ministero della Pubblica Istruzione” para la Galería de Arte Moderna de Roma.

Los años siguientes se caracterizan por una intensa actividad expositiva: estará presente en la Bienal de Venecia también en los años ’56, ’60, ’66, y en varias galerías italianas; en ámbito internacional participa en Documenta I de 1955 y en Documenta II de 1959, además de diferentes muestras personales en Berlín, París y Nueva York.

En el año 2003, bajo designación de la Academia Nacional de San Luca, el Presidente de la República Carlo Azeglio Ciampi le otorga el Premio Nacional “Presidente della Repubblica”.

Muere en 2004, a 95 años, en Roma.

Antonio Corpora Vele

Achille Funi

Achille Funi

Achille Funi

Achille Virgilio Socrate Funi nace en Ferrara el 26 de febrero de 1890. En la ciudad natal realiza los primeros estudios de dibujo, decoración y modelación en la escuela de arte «Dosso Dossi». En 1906 se traslada a Milán donde sigue los cursos de Pintura de Figura en la “Accademia di Brera” con Cesare Tallone hasta 1910. En 1914 se adhiere al movimiento futurista «preso dal bisogno di ritrovare quei valori plastici e ritmici che la pittura dell’ultimo ottocento aveva del tutto perduti». (“por el deseo de reencontrar aquellos valores plásticos y rítmicos que la pintura de finales del ochocientos tenía totalmente perdidos”).

Al estallar la primera guerra mundial se alista al batallón “Lombardo Volontari Ciclisti e Automobilisti” junto con Boccioni.

Los años de postguerra son decisivos para su evolución pictórica: después de haber hecho su primera muestra personal en la Galería de Arte de Milán en 1910 y acercándose a Margherita Sarfatti se adhiere al clima del “retorno del orden”, recuperando así la herencia pictórica del Renacimiento italiano. En 1922 está entre los fundadores del grupo de los “Sette Pittori del Novecento”, y en 1930 participa como exponente de la Escuela de Milán en la “I Quadriennale” romana del 1931. En 1933 firma junto a Mario Sironi y otros artistas el Manifiesto de la pintura mural.

Participa en las Exposiciones futuristas, en las Bienales de Venecia y en las “Quadriennali” de Roma, como también en la Internacional de la Vanguardia Moderna en Ginebra y seguidamente en las muestras más importantes tanto italianas como extranjeras.

Desde 1939 es titular de la Cátedra de Fresco de la Academia de Bellas Artes de Brera, con estudiantes como Giuseppe Ajmone, Valerio Pilon, Oreste Carpi.

A su carrera educativa agregará un breve paréntesis en la “Accademia Carrara” de Bérgamo, con una cátedra de pintura en 1945, sucesivamente se convertirá en director después de Luigi Brignoli.

Muere en Appiano Gentile el 26 de julio de 1972.

Vittorio Grassi

Vittorio Grassi

Vittorio Grassi

Guiado por el padre, Giovanni Battista, inicia a trabajar en la oficina de cheques de la “Banca d’Italia”, donde aprende el arte de la impresión e inventa un sistema infalsificable de impresión policroma para los cheques. En 1902 dando rienda suelta a su naturaleza de artista expone algunas de sus pinturas en la Galassi Paluzzi de Perugia y el año siguiente en el “Palazzo delle Esposizioni” en una muestra organizada por el círculo de la “Società di Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma”. En 1904 se junta con Duilio Cambellotti, Giacomo Balla y Giovanni Prini y se acerca al grupo de los XXV de la “Campagna Romana”. En 1906 tiene una sala personal en la LXXVI “Esposizione degli Amatori e Cultori”. En 1908 participa, junto a Cambellotti, Bottazzi, Marcucci y Menasci en la fundación de la revista «La Casa». En 1911 participa en la “Mostra della Topografia Romana Antica”, preparada en las salas de Castel Sant’Angelo, presentando un cuadro que representaba un grande panorama de la ciudad medieval. En el mismo año, en ocasión de la celebración romana del Cincuentenario de la Unidad de Italia y de Roma Capital, realiza algunos paneles en cerámica para el chalet La Casa que se encuentra en Lungotevere delle Armi. En 1912 prepara el Macbeth en el Teatro Costanzi de Roma y participa en la “Prima Mostra della Vetrata Artistica”, donde se exponen cuatro vitrales diseñados por él. En el mismo año diseña para la Richard-Ginori algunos jarrones en cerámica con decoraciones naturalistas de ranas y serpientes que se presentan en la Bienal de Venecia. En 1913 y por los dos años sucesivos participa en la “Mostra della Secessione Romana”. Siempre en estos años reordena la “Galleria d’Arte Moderna” de Roma. Todavía en 1913 obtiene la cátedra de decorado, grabado y escenografía en la “Accademia di belle arti” de Roma.

En 1915 prepara el pabellón italiano en la “Mostra Internazionale” de San Francisco. En 1921 lo llaman para ilustrar, para el “Istituto d’Arti Grafiche” de Bérgamo el volumen «Vita Nova» de Dante Alighieri. En 1923, junto a Giovanni Prini, prepara la sala de la Música en la “Mostra Internazionale d’Arte Decorativa” de Monza y en 1925, en la misma manifestación, realiza la decoración de la “Sala degli abitatori della Campagna Romana”. En 1937 es director artístico y director de la sección ilustrativa de la Enciclopedia Treccani.

Muere en Roma en 1958.

Giovanni Guerrini

Giovanni Guerrini

Giovanni Guerrini

Giovanni Guerrini nace en Imola en 1887. En Faenza forma parte del “cenacolo baccariniano”, junto a los amigos Domenico Rambelli, Ercole Drei y Giuseppe Ugonia. De la local Escuela de Dibujo recibe una educación politécnica que, con el tiempo, sabrá desplegar en varios campos expresivos: será, de hecho, pintor, litógrafo, cartelista, proyectista de objetos y de muebles, proveedor y arquitecto. En 1912 expone por primera vez en la Bienal de Venecia donde estará presente también en 1914 y, ininterrumpidamente, desde 1920 a 1936. En 1915 se traslada a Rávena como enseñante de “Ornamentazione e Disegno Architettonico” en la Academia de Bellas Artes de Rávena, donde obtiene, en 1926, la institución de la “Scuola del Mosaico” de la que será director a partir del 1961. En 1925 gana el concurso por el manifiesto de la II “Mostra Internazional delle Arti Decorative” de Monza. En 1926 es invitado a participar en la primera “Mostra del Novecento Italiano”.

En 1927 está en Roma como director artístico de ENAPI y en la capital se quedará, salvo periódicos retornos a la casa de campo de Faenza, por toda la vida. En los años veinte y treinta se multiplican sus participaciones en importantes exposiciones. En Roma, continúa la actividad pictórica pero se dedica sobre todo a proyectar objetos y elementos de decoración en varios materiales para “l’Ente” del cual, como proveedor, se hace cargo, también, de las presencias en las ocasiones expositivas italianas y extranjeras más importantes (Turín 1928, Trienal de Milán 1933 y 1936, Barcelona y Leipzig 1929, Atenas 1931, París y Bruselas 1935, Florencia 1938, Nueva York 1939).

En 1938 gana, con Mario Romano y Ernesto Bruno La Padula, el concurso para el “Palazzo della Civiltà Italiana” en la Exposición Universal Romana del 1942 que constituye el ápice de su carrera arquitectónica. En 1939 realiza seis grandes paneles en mosaico para decorar las fuentes de la plaza en frente al “Palazzo degli Uffici all’E42”, dedicando el propio tema al predominio de Roma sobre los mares, inspirado por los mosaicos descubiertos en aquellos años en Ostia Antigua. En 1941 gana, con Capizzano, Gentilini y Quaroni, el concurso para la decoración del “Palazzo dei Congressi”, siempre para la Exposición Universal Romana del 1942. En la postguerra continúa sus actividades relacionadas al artesanado italiano con conferencias y preparaciones en Italia y en ciudades europeas como París (1956) y Mónaco de Baviera (1957).

Muere en Roma en 1972.

Leoncillo Leonardi

Leoncillo Leonardi

Leoncillo Leonardi

Leoncillo Leonardi nace en Spoleto el 18 de noviembre de 1915.

El abuelo paterno era lutier, el materno era ebanista; este ejemplo de actitud cotidiana al trabajo artesano ciertamente influenció en su formación. En 1926 se inscribe en el instituto técnico G. Spagna, donde un tiempo había enseñado el padre. Seguidamente de un suspenso escolar transcurrió apartado algunos meses, durante los que comenzó a modelar la arcilla: los resultados alentadores y los primeros rudimentos impartidos por el escultor calabrés Domenico Umberto Diano lo llevaron a inscribirse, en 1931, en el instituto de arte de Perugia, que frecuentó hasta 1935. Aquel año llegó a Roma el hermano mayor Lionello, el cual, alejado de las escuelas públicas por antifascista, enseñaba letras en un instituto religioso, el colegio S. Maria. Resalen a estos años de juventud los primeros dibujos conocidos del artista.

En 1936 entró en contacto con la galería “La Cometa”, dirigida por el poeta Libero De Libero, amigo del hermano Lionello, y lugar de encuentro de los artistas más jóvenes y menos comprometidos con el arte del régimen: Mario Mafai y Antonietta Raphael, Corrado Cagli, Mirko y Afro Basaldella, Pericle Fazzini, Marino Mazzacurati. Cogió profunda inspiración del contacto con aquella que fue definida la escuela romana; pero por algunos años trabajó aislado en su estudio.

En 1939 dejó Roma, trasladándose a Umbertide, en Umbría, donde el 9 de julio se casó con Maria Zampa, su compañera en el instituto de arte, con la que tuvo dos hijos: Daniella y Leonetto. En Umbertide entró en contacto con la fábrica de cerámicas, propiedad de Settimio Rometti, que había sido guiada por Cagli unos años antes. Aquí perfeccionó sus conocimientos técnicos sobre materiales cerámicos y sobre cocciones y estableció una relación de intercambio con Rometti, ceramista también, en los hornos del cual dio lugar a una producción de esculturas de dimensiones notables.

En 1940, bajo invitación de Giò Ponti, participó en la VII Trienal de Milán, dividiendo la sala con Salvatore Fancello y adjudicándose la medalla de oro por las artes aplicadas. En 1942, separándose de los familiares volvió a Roma, donde fue encargado de la docencia de plástica y cerámica en el “Istituto Statale d’arte” (enseñamiento que hizo hasta 1952, habiendo como colegas Afro, Ettore Colla, Fazzini). En el verano del año siguiente presentó la serie de los “Mostri” en el ámbito de una exposición colectiva de jóvenes artistas (entre los cuales Scialoja, Purificato, Turcato y Vedova) en la galería “La Cometa” de Roma, recibiendo críticas halagadoras.

Convencido antifascista se acercó, en primer lugar, a las organizaciones partisanas romanas, después se afilió a la brigada “Innamorati”, activa en Umbría. Estos años fueron de profunda reflexión e importantes para el artista: adhiriéndose al Partido comunista italiano, en la Italia lacerada por la guerra, estuvo profundamente involucrado en la problemática del realismo en arte. Desde diciembre de 1944 comenzó una colaboración, que duró algunos meses, con el periódico romano «La Settimana», que alojó sus dibujos y sobre todo algunos retratos de intelectuales.

Después de haberse suscrito en Venecia en 1946 al manifiesto de la “Nuova Secessione artistica italiana”, convertido el año siguiente en “Fronte nuovo delle arti”, la actividad artística de Leoncillo fue relacionada, por algunos años, a los acontecimientos del grupo, con el que, sostenido por Giuseppe Marchiori, expuso en las Bienales de Venecia del 1948 y del 1950.

Los primeros años cincuenta fueron extremamente laboriosos y prodigados de reconocimientos. En 1951 ganó el primer premio por una escultura de jardín en la II “Mostra nazionale della ceramica”; en 1953 obtiene el “premio aquisto” en la I “Mostra d’arte” de Spoleto, por muchos años presidida por el hermano Lionello, y en 1954 ganó el primer premio en el XII “Concorso nazionale della ceramica” de Faenza.

En marzo de 1957 hubo una exposición personal en la galería “La Tartaruga” de Roma; en catálogo el artista mismo declaraba concluida la propia experiencia en el ámbito del realismo de inspiración socialista.

Siempre en 1957 concluye un panel decorativo sobre el tema del trabajo para el atrio de la sede del “Istituto nazionale per la previdenza sociale” en Ferrara; en Roma, en cambio, realizó una fuente para un complejo de viviendas INA Casa en S. Lucia.

Emprendida la calle del arte no figurativa, a continuación condujo una vida dedicada a la investigación y a la experimentación. En 1959 participó en la VIII “Quadriennale” de Roma, en el ámbito de la retrospectiva sobre la escuela romana, aquel mismo año ganó el primer premio en la II “Mostra nazionale della ceramica e dei lavori in metallo” de Gubio.

En 1968, presente con una sala personal en la Bienal de Venecia, en la que había preparado obras del último decenio, tapó sus esculturas con lonas de plástico en señal de adhesión a las protestas de los jóvenes artistas.

Murió en Roma el 3 de septiembre de 1968.

Marcello Mascherini

Marcello Mascherini

Marcello Mascherini

Marcello Mascherini nace en Údine el 14 de septiembre de 1906 no reconocido por el padre. En 1910 la madre se traslada a Trieste para después refugiarse durante los años de la guerra en Isernia, donde Mascherini frecuentó la real escuela de arte aplicada en la sección de la elaboración de la madera y del hierro forjado. A su vuelta a Trieste (1921) se inscribió en las clases para escultores ornamentales de la escuela para jefes de arte del instituto industrial A.Volta, donde encontró en Alfonso Canciani un primer maestro, rápidamente sustituido por Franco Asco.

De hecho, fue en el estudio de este último, sólo tres años más viejo, pero ya muy apreciado por el cautivador estilo secesionista, que Mascherini reelaboró la impronta de las academias de Viena, Venecia y Roma, a las que todavía estaba ligado Canciani, desarrollando un lenguaje propio, más cultivado y centrado en la calidad expresiva.

Diplomado en 1924 en diciembre del mismo año tuvo su comienzo expositivo con algunos yesos en el “Circolo artistico” de Trieste.

En 1928 realizó los estucos para el teatro Politeama Rossetti y fue involucrado por el arquitecto Umberto Nordio en la decoración del nuevo palacio de Justicia para el que plasmó algunas grandes figuras de juristas (1934). Gracias a los dos perfiles en bronce del “Duce” y del Rey realizados para el buque “Victoria I” (1930) Mascherini empezó una rentable actividad como decorador de embarcaciones.

La participación en algunas importantes obras arquitectónicas consolidó un lenguaje más maduro y “nacional” de su escultura: en 1934 Nordio lo invitó a colaborar al concurso para el edificio Littorio de Roma.

Los años treinta estuvieron llenos de éxitos culminados en el premio único de la Academia de Italia para la escultura, entregado por Mussolini mismo el 21 de abril de 1940. El reconocimiento coronó un recorrido de premios internacionales que inició con la medalla de oro en la VI “Mostra Regionale Giuliana” de Trieste (1932) continuando con la medalla de plata en la V Trienal de Milán (1933), con el primer premio para la escultura en la VII “Interprovinciale d’arte” de Triste (1933), con el premio en la Exposición de aeronáutica de Milán hecha por Gio Ponti en 1934 y con la medalla del centenario del Lloyd triestino (1936). Los premios anticiparon una serie de invitaciones y éxitos internacionales: desde la Exposición de arte italiana en Budapest en 1936 al encargo de la realización de una de las estatuas del frontón del pabellón Italia en la Exposición universal de París (premiada con la medalla de oro) en 1937, al premio, en el mismo año, de la Exposición de arte italiana en París.

Crecido en el clima del Novecientos, Mascherini evitó la llamada arte de régimen a través de la evasión en el arcaísmo desembocado a veces en un sensualismo a la manera de Aristide Maillol.

A consagrarlo en el Olimpo de los escultores italianos compitieron una monografía salida en 1945 a cargo de Pica y el nombramiento en 1948 como académico de S. Luca, además de la participación en 1949 en la muestra de arte italiana del XX siglo en el Museum of Modern Art de Nueva York.

En 1967 se trasladó a Sistiana, en Carso, manteniendo desde allí una intensa actividad expositiva. Desde los años setenta Mascherini se acomidió a la realización de monumentos públicos.

Murió en Padua el 19 de febrero de 1983.

Publio Morbiducci

Publio Morbiducci

Publio Morbiducci

Publio Morbiducci nace en Roma el 28 de agosto de 1889, el segundo hijo de Luigi, trabajador metalúrgico, y de Anna Maria Polizzi, empleada en una tipografía.

A causa de las dificultades económicas de la familia, en 1900 tuvo que interrumpir los estudios para trabajar en un taller de coches.  Continuó, de todas formas, a estudiar como autodidacta y en 1904, gracias a una breve experiencia en el taller de un pintor especializado en los llamados tapices (telas publicitarias pintadas), aprendió las bases de arte pictórica, manifestando una destacada inclinación artística. En 1905 se inscribe en el Instituto de Bellas Artes, que frecuenta hasta 1910. Paralelamente siguió los cursos del Museo artistico industriale, donde conoció Duilio Cambellotti, que lo persuadió a abrazar definitivamente la carrera artística. En 1910 realizó el revés de la medalla conmemorativa del Cincuentenario de 1911. El año sucesivo fue admitido en la “Scuola d’arte della medaglia”, frecuentando los cursos, gracias a una serie de becas, hasta 1915. Tal experiencia se reveló fundamental en su camino, ofreciéndole una confirmación significativa de las propias aspiraciones artísticas y la posibilidad de unas prácticas técnicas de notable importancia. Ya a partir de aquellos años Morbiducci inició a experimentar en ámbitos expresivos diversos, madurando desde temprano aquella concepción del hacer fuertemente enfocada en una dimensión artesanal a la que siguió fiel también en los años de mayor afirmación. En 1915, eximido del reclutamiento por motivos de salud, se inscribió al partido socialista y se inició en la “Secessione romana”, exponiendo dos máscaras de bronce (”Mio fratello Augusto, Il pittore S.Silva”), que lo consagran entre los escultores de la época.

En 1924 Ugo Ojetti presentará su exposición de medallas a la American Numismatic Society de Nueva York.

En 1931 se adjudicó, por indicación de Mussolini, que retuvo su boceto el más idóneo en expresar el carácter popular del soldado, el concurso para el “Monumento al bersagliere di Roma”, en el que trabajó hasta 1932.

Entre 1930 y 1940 se afirma como uno de los mayores artistas del régimen y será protagonista en la muestra del “Decennale” de la Revolución fascista.

En 1937 fue nombrado miembro de la Academia de S. Luca. En 1939 se casó con Nicoletta Olga De Marchis. Resalen a estos años las últimas obras monumentales, realizadas en el barrio del EUR: en 1939 le es comisionado el grande friso marmóreo para el palacio de los Uffici y, en 1940 uno de los grupos de los “Dioscuri” para el palacio de la Civiltà italiana, la ejecución del cual fue suspendida a causa de la guerra; el artista llevó a cabo las estatuas, semidestruídas por los bombardeos, solo en 1956.

Murió en Roma el 31 de marzo de 1963.

 

Marisa Mori

Marisa Mori

Marisa Mori

Marisa Mori, en el registro Maria Luisa Lurini, nace en Florencia el 9 de marzo de 1900. En 1918 se traslada con la familia a Turín, donde se acerca a la pintura como autodidacta, alentado por el escultor Leonardo Bistolfi, amigo de familia. En esos años en Turín estaba activo Felice Carena y la Mori, después de haber visto algunos de sus retratos se entusiasma con ese tipo de pintura y decide frecuentar sus clases entre 1925 y 1931, para después convertirse en asistente en los primeros años treinta cuando Casorati abre una escuela de verdad. En 1926 participa a la Exposición de las vistas de Turín en el palacio Bricherasio junto al grupo de los estudiantes de la escuela de Casorati, de la cual formaban parte también Nella Marchesini, Daphne Maugham, Paola Levi Montalcini y Lalla Romano. En la capital piamontesa forma parte de varias ediciones de las exposiciones organizadas por la “Promotrice di belle arti del Valentino”, participa en la IV “Quadriennale” de Turín; por lo tanto estará presente en las “Sindacali” del 1929, 1930, 1931 y 1932.

Entre 1931 y los inicios de 1932 Mori conoce Tullio Mazzotti y Fillia, entrando en contacto, de este modo, con el grupo de los futuristas.

En noviembre de 1931, en Chiavari, participa en la Mostra futurista di pittura e scultura e arti decorative con una serie de cerámicas ideadas por ella y producidas por la empresa Mazzotti de Albisola. En 1932 su adhesión al futurismo se consagrada por la intensa actividad expositiva conducida junto al grupo de los futuristas liguro-piamonteses de la segunda generación.

La paréntesis turinesa se concluye en 1932 cuando vuelve a Florencia seguido por el marido, con el que entra a formar parte de los Grupos futuristas de iniciativas dirigidas por Antonio Marasco. Al mismo tiempo inicia a pintar cuadros inspirados al mito futurista de la radio y de la escucha radiofónica.

En 1933 en la I Mostra futurista de tramoya cinematográfica, en la galería Bardi de Roma, obtiene la medalla de plata por la “Sintesi dell’isola d’Elba”, que sin embargo no será nunca rodada.

El interés por el teatro y el cine la lleva a inscribirse, hacia la mitad de los años treinta, en la escuela de recitación de la Accademia dei Fidenti en Florencia, en la que, en la postguerra, se convierte en enseñante de historia del vestido. Contribuirá también en la colocación de la “Cucina futurista” de Marinetti y Fillia.

En abril de 1934 expone su primera exposición personal en el espacio Bragaglia fuera comercio de Roma. Siempre en la compañía futurista forma parte de la “Quadriennale” nacional de Roma en los años 1931, 1935 (“Ritorno alle colonie marine”) y 1939 (“Concerto di fabbrica sulle Apuane”).

Buscando un constante equilibrio entre elementos abstractos y figurativos, no abandonará nunca totalmente la identificación naturalista de los sujetos, pero somete las formas a una descomposición cubo-futurista privilegiando los ritmos curvilíneos.

Al finalizar los años treinta, en neto desacuerdo con la emanación de las leyes raciales, hospeda a Rita y Gino Levi Montalcini, del que aprende una técnica de dibujo calcado, hecha por el mismo, que ha usado por un largo período en sus obras. Justo en estos años pone en discusión su relación con el futurismo y después de la muerte del marido, sucedida en 1943, abandona definitivamente el movimiento marinettiano para volver hacia una figuración de matriz clásica y naturalista, recuperando temas casoratianos, como el retrato, las naturalezas muertas, las máscaras, y desnudos.

En 1951 presenta la pintura Studio per il ritratto de Vera Zalla en la VI “Quadriennale” nacional de Roma, después seguirá una vida retirada, exponiendo raramente y casi exclusivamente en las muestras de pintura femenina patrocinadas por el círculo cultural florentino Lyceum. En esta última fase de su búsqueda pinta sobretodo figuras humanas, paisajes al natural o naturalezas muertas, participando a numerosos concursos de pintura inmediata.

Muere en Florencia el 6 de marzo de 1985.

Giuseppe Novello

Giuseppe Novello

Giuseppe Novello

Giuseppe Novello nace en Codogno el 7 de julio de 1897. Sus padres son Eugenio y Antonietta Belloni, hija del pintor Giorgio. Frecuenta el “Regio liceo Berchet” en Milán, ciudad en la que se había trasladado en 1912 y donde visita el estudio del tío pintor que alienta su precoz inclinación por el arte.

Llamado a las armas en 1917, combate como alpino en la 46ª Compañía del batallón Tirano, participando en la derrota de Caporetto. Quedará relacionado para toda la vida con el cuerpo de Alpinos: colabora con el periódico “L’Alpino”, firmando con la sigla ‘46’ dibujos humorísticos del característico trazo esbelto y sutil, que ridiculizan varios aspectos de la vida cuotidiana del soldado.

Después de la guerra, en 1920, se gradúa en derecho en Pavía; de mientras, en 1919 se inscribe en la Academia de Bellas Artes de Brera, donde estudia pintura con Ambrogio Alciati, diplomándose en 1924. El año siguiente forma parte de la exposición de Brera, ganando el premio Fumagalli con la pintura “Interno borghese (Il salotto della nonna)”, en el que manifiesta la predilección por las atmósferas domésticas calmas y silenciosas que, juntamente a la inclinación por una pintura de paisaje y por una retratística de inflexiones melancólicas, habría sucesivamente motivado en sede crítica un acercamiento de sus obras a las poéticas crepusculares.

Al mismo tiempo continúa su actividad de ilustrador, realiza 46 tablas de tema bélico para “La canzone dei verdi” de Renzo Boccardi.

Desde los años de juventud se va delineando en el trabajo de Novello un lenguaje dúplice: por un lado una pintura naturalista de derivación postimpresionista, por el otro el dibujo humorístico irónico y cortante.

En Milán frecuenta el cenáculo de artistas e intelectuales que se reunía en via Bagutta: entre los cuales estaba Paolo Monelli, que le propone recoger en un volumen de viñetas y cuentos que será publicado por Treves en 1929 con el título “La guerra è bella ma scomoda”.

A partir de 1927 participa en casi todas las exposiciones preparadas en la Permanente de Milán, además expone en la I “Quadriennale” de Roma en 1931 y en las Bienales de Venecia del 1934, 1936 y 1940, año en el que gana el concurso por el retrato.

En los años treinta alcanza notoriedad nacional e internacional como ilustrador, también gracias a las publicaciones en Mondadori de dos volúmenes que recogían las viñetas realizadas por «Fuori sacco». El humor amable y la sintética marca gráfica son apreciados también en el exterior, tanto que sus tablas son publicadas en periódicos como «Libertad» (1933), «Berliner illustrirte Zeitung» (1934) y «Je suis partout» (1934). Al estallar la segunda guerra mundial lo llaman a las armas en el “V Reggimento Alpini” y sobrevive a la trágica campaña de Rusia, protagonista de varias de sus pinturas. Después del regreso a Italia en marzo del 1943 lo hacen prisionero en Fortezza y es deportado al Lager por oficiales italianos de Częstochowa. En el barracón en el que estará encerrado junto a sus compañeros por dos años, realiza muchos dibujos.

Dado por muerto por varias crónicas periodísticas, en 1945 regresa a Italia y moviéndose entre Milán y Codogno, alterna la ilustración humorística con la pintura.

En los años cincuenta retoma la colaboración con Mondadori, que publica sus dibujos de guerra en el volumen “Steppa e gabbia” (1957) y otras ilustraciones. Desde 1965 interrumpe su colaboración con «La Stampa», deseando dedicarse principalmente a la pintura, que llevará adelante siendo fiel a su lenguaje sintético y naturalista, manteniéndose autónomo respeto a los contemporáneos léxicos de vanguardia.

Entre sus últimos trabajos editoriales resaltan el volumen ilustrado sobre el teatro y el melodrama “Coda al loggione” publicado por Ponte Rosso en 1978 y la recopilación, publicada por Archinto, de las “Cartoline-lametta” (1987) por él enviadas en el tiempo a pariente y amigos. Morirá el 2 de febrero de 1988 en Codogno.

Alberto Martini

Alberto Martini

Alberto Martini

Alberto Martini, pseudónimo de Alberto Giacomo Spiridione, nace el 24 de noviembre en Oderzo (Treviso). En 1879 se traslada con la familia a Treviso donde el padre enseña dibujo en el Instituto Técnico Riccati. Entre 1890 y 1895 bajo la guía del padre, descrito por Vittorio Pica como su único y estimado maestro, inicia a pintar y dibujar. Durante los años de formación Martini realiza innumerables dibujos, ya revelando una particular predilección por la gráfica. Se dedica también a acuarelas y témperas de pequeño formato gracias a las cuales alcanza los primeros resultados válidos. En 1895 inicia la primera serie de ilustraciones con pluma en tinta china para el “Morgante Maggiore” de Luigi Pulci, que, sin embargo, abandona pronto para dedicarse a las ilustraciones para la “Secchia rapita” (1895-1935) de Alessandro Tassoni. En 1896 inicia a ilustrar el ciclo gráfico para el “Poema del lavoro”. En 1897 expone en la II Bienal de Venecia 14 diseños para “La corte dei miracoli” que el año siguiente serán presentados en Mónaco y en la Exposición Internacional de Turín junto a los dibujos para el “Poema del lavoro”. En 1898 Martini se instala en Mónaco y trabaja como ilustrador para las revistas “Dekorative Kunst” y “Jugend”. Resulta determinante la primavera de aquel año, el encuentro del artista con Vittorio Pica en ocasión de la Exposición Internacional de Turín. A partir de aquel momento será el notable crítico napolitano a apoyarlo, proponiendo su arte en ámbito italiano y europeo. En 1901 realiza el primer ciclo de 19 dibujos en pluma acuarelados para la edición ilustrada de La Divina Comedia, trabajo comisionado a Martini por Vittorio Alinari por intervención del solícito Pica. Participa en la IV Bienal de Venecia con los dibujos para “La Secchia rapita”: 38 de ellos comprados por la Galería de Arte Moderna de Roma. En el mes de julio de 1905 comienza a realizar las tablas ilustrativas para los cuentos de Edgar Allan Poe, en las cuales trabajará hasta 1909 y más, inaugurando un período de gran intensidad creativa en el ámbito de la gráfica a fin literario. Conoce y frecuenta el abogado Cesare Sarfatti y la mujer de este, Margherita, activa en el campo de la crítica de arte. La relación será frecuente hasta 1910, después se interrumpirá, por la polémica de Martini hacia el papel de la Sarfatti dentro del Novecientos. En 1912 alentado por Pica, Martini se dedica a la producción pictórica, utilizando sobretodo la técnica del pastel. Realiza las “Sinfonie del sole (L’Aurora, La notte, I fiumi)” y el pastel “Farfalla gialla”. Al estallar el primer conflicto mundial, realiza 54 litografías intituladas “Danza macabra”, a través de las cuales revela su sentimiento antialemán, que impresas en formato cartulina, vienen distribuidas entre los aleados como propaganda. En 1919 vuelve el interés de Martini por el teatro: realiza 84 dibujos en pluma y acuarela colorada y seis tablas en témpera para los vestidos del ballet “Il cuore di cera”, en tal ocasión el artista se ocupa también de la coreografía y del “canovaccio” literario. Vuelve, en vez, en 1923 la idea de Martini del Tetiteatro: un teatro sobre el agua completamente inventado y dedicado, como sugiere el nombre, a la diosa del mar Teti. Desilusionado y amargado por la hostilidad de los críticos italianos, que hacia el final de los años veinte parecen ignorar sus trabajos, Martini se traslada a París donde encuentra amistades bienestantes y numerosos admiradores de su arte. En la capital francesa Martini frecuenta el ambiente de los críticos y de los escritores. Estrecha amistad con Solito de Solis, músico y apasionado del arte, que lo introduce en los salones aristocráticos parisinos. Inicia a pintar “alla maniera nera” realizando obras de impostación surrealista. En 1940 a causa de la precaria situación financiera Martini se ve forzado a volver a Milán. Aquí, en ocasión de la Trienal milanese, realiza el boceto para el tríptico “Battaglia d’uomini e demoni”: con esta obra se empeña a exaltar las conquistas del régimen. Pero al mismo tiempo, sobre todo entre 1935 y 1936, revela su acceso al antinovecentismo a través de la publicación en la revista “Perseo” de dibujos, didascalías y viñetas caracterizadas por una marcada vena satírica. Muere el 8 de noviembre de 1954 en Milán. Deja un testamento espiritual, augurando la institución de un museo donde custodiar las memorias y los documentos del surrealismo italiano.

Giuseppe Rivaroli

Giuseppe Rivaroli

Giuseppe Rivaroli

Giuseppe Rivaroli nace en Cremona en 1885. En la Academia de Brera es estudiante de Cesare Tallone y Giuseppe Mentessi y gana el premio con medalla de plata. Se diploma en 1908 en la Academia de Bellas Artes de Parma con Giuseppe Barilli. Seguidamente se traslada a Roma, donde permanece por más de treinta y siete años en el número 33 de Via Margutta, mismo número en el que habían habitado Sartorio, Coleman y Costa. En 1928 pinta un fresco en la “Sede del Ministero della Marina” en Roma con dos obras monumentales, Roma triunfante y Roma victoriosa sobre el mar. En los años romanos pinta el campo local, desde Maccarese a las Paludi. Estuvo tanto en contacto con la naturaleza que fue definido el “Pittore geórgico” e “insigne glorificatore della vita dei campi”.

En 1932, siempre en Roma, trabaja por dos meses en la gran decoración del Instituto Internacional de Agricultura, una alegre exaltación alegórica de la Agricultura, de la vida campestre y de la familia; realiza otros trabajos en el Palazzo Torlonia en Piazza Scossacavalli, en Villa Torlonia de via Nomentana y en el Vaticano. Después de haber realizado estas obras maestras en Roma y de haber trabajado también en otras ciudades de Italia, Rivaroli tuvo una grande consideración de la crítica y del público hasta que estuvo vivo, pero gradualmente su nombre apareció cada vez menos en la escena de la crítica de arte. La pintura de Rivaroli no resulta nunca oscura, vive de luz propia, aquella luz que el mismo consigue a transmitir a los sujetos que más amaba pintar: los hombres, los animales, el campo. Morirá en la ciudad natal en 1943.

Alberto Savinio

Alberto Savinio

alberto savinio

Alberto Savinio, pseudónimo de Andrea Francesco de Chirico, nace el 25 de agosto de 1891 en Atenas, tercer hijo de Gemma Cervetto y de Evaristo de Chirico. Desde pequeño estudia composición y piano y en 1903 se diploma en el conservatorio de Atenas. En 1905, después de la muerte de su padre, se traslada con la familia por breves períodos a Venecia y a Milán; en 1906 se establece en Múnich, donde se dedica al estudio del pensamiento de Friedrich Niestzche, Arthur Schopenhauer y Otto Weininger. En 1911 no habiendo obtenido el éxito esperado con sus composiciones se traslada a París, donde entra en contacto con los mayores exponentes de las vanguardias artísticas, entre los cuales Guillaume Apollinaire y Pablo Picasso. Desde 1914 adopta el pseudónimo Alberto Savinio, nombre con el que firma “Les chants de la mi-mort”, publicado en la revista «Les Soisées de Paris» en junio de aquel año. En 1915 vuelve a Italia con el hermano Giorgio y, después de un breve período en Florencia, ambos son alistados en el “27esimo reggimento di fanteria” en Ferrara. En la ciudad del este Savinio frecuenta el círculo artístico de Carlo Carrà y Filippo de Pisis y estrecha una cercana relación con Ardengo Soffici y Giovanni Papini. Inicia, además, su colaboración con «La Voce» de Giuseppe De Robertis, en la que aparecen los primeros capítulos en episodios de “Hermaphrodito”. Al final de la primera guerra mundial se traslada a Milán y en 1923 a Roma. El año sucesivo funda la Compagnia del Teatro dell’Arte con la dirección de Luigi Pirandello.

En 1927 se traslada a París, donde se dedica a la pintura. En 1933 se traslada definitivamente a Italia e inicia una colaboración con «La Stampa» y las revistas «Il Broletto» y «Colonna». En 1934 se establece en Roma, donde colabora con «Omnibus», semanal de Leo Longanesi, para el que escribe trozos de sátira que le cuestan la antipatía del régimen. En 1943, con la noticia de estar en la lista de antifascistas, se ve obligado a esconderse. Al final del conflicto continúa la actividad de crítico cultural en «Corriere della Sera», gracias a la que obtiene el premio Saint Vincent por periodismo en 1949. Trabaja, además, como dramaturgo y cinematógrafo, escribe obras y dramas para el teatro. En 1952 propone para el “Maggio Musicale Fiorentino” una célebre puesta en escena de Armida de Rossini con Maria Callas, haciendo también las escenografías y el vestuario. En 1955, poco después de su muerte, le es dedicada una muestra retrospectiva en el ámbito de la VII “Quadriennale” de Roma preparada por su hermano, el pintor Giorgio De Chirico.

Gino Severini

Gino Severini

Gino Severini

Gino Severini nace en Cortona el 7 de abril de 1883.

Se traslada a Roma en 1899, donde frecuenta la escuela vespertina de dibujo; en la capital conoce a Umberto Boccioni, junto al cual frecuenta el estudio de Giacomo Balla que lo inicia en la técnica divisionista. En 1906 se establece en París, donde entra en contacto con los círculos de la vanguardia artística y literaria, ligándose en particular a Pablo Picasso y Modigliani. Inicialmente orientado al estudio de Seurat, con vistas y paisajes de París, se dirige después, entusiasmado por las ideas futuristas y por la poesía de Jules Romains, hacia soluciones formales que tienden a convertir el sentido del movimiento cósmico (Danza del Pan Pan en Mónaco, 1909-11). Entre los firmantes del “Manifesto della Pittura Futurista”, sirve de intermediario entre el ambiente parisino y el grupo futurista.

En 1912 incita a Umberto Boccioni y Carlo Carrà a ir a París, donde colabora en la realización de la primera exposición futurista en la Galería Bernheim-Jeune. Seguidamente participa en las sucesivas exposiciones futuristas en Europa y en los Estados Unidos.

En 1913 en Londres, en la Marlborough Gallery, se prepara la primera exposición personal que sucesivamente se presenta en la galería Der Sturm de Berlín.

Después de una breve estadía en Italia (1913-14), vuelve a París y produce una serie de trabajos interpretados según un estilo cubo-futurista, una serie de obras inspiradas en el orfismo y en el cubismo sintético.

A partir de 1921, año en el que publica el tratado «Du cubisme au classicisme», Severini pasa de una estética cubofuturista a una pintura que se puede definir neoclásica con influencias metafísicas, traducción de un sentir difundido en todo Europa después del grande trauma del primer conflicto mundial.

Esta evolución clasicista regresa plenamente en aquella tendencia, en su interior muy variada, definida retorno al orden. Desde los años veinte después de una crisis religiosa, culminada en 1923 con la plena adhesión al catolicismo, Severini tiende a abandonar la pintura de caballete para dedicarse a la decoración mural, tratando el fresco y el mosaico con temas de arte sacro, en particular para las iglesias suizas de Semsales y La Roche.

En 1923 está presente en la Bienal romana y seguidamente participa en dos exposiciones del movimiento artístico Novecento en Milán (1926 e ’29) y una en Ginebra (1929). A principios de los años treinta se traslada a Roma, donde participa en la “Quadriennale” en 1931 y en 1935, año en el que gana el Gran premio para la pintura.

Establecido desde 1946 en Meudon, Severini vuelve a la abstracción geométrica, recuperando temáticas y modos de inspiración cubista.

Después se traslada definitivamente a París, donde tendrá una cátedra de mosaico con Riccardo Licata como asistente.

Muere el 26 de febrero de 1966.

Mario Sironi

Mario Sironi

Mario Sironi

Su formación tuvo lugar en Roma, donde se había trasladado con la familia a la edad de un año desde la nativa Cerdeña. Abandonados los estudios de ingeniería, empezados solo un año antes para seguir los pasos de su padre Enrico, fallecido cuando él tenía 15 años. En 1903 Sironi empezó a seguir los cursos de la “Libera Accademia del Nudo” de calle Ripetta y a frecuentar el estudio de Giacomo Balla. Alentado en esta dirección por su madre, la ex cantante lírica florentina Giulia Villa, y apoyado por el escultor Ettore Ximenes y por el pintor divisionista Antonio Discovolo.

En los ambientes artísticos romanos conoció, entre otros, Gino Severini y Umberto Boccioni con el que estrechó una profunda relación de amistad. Las ilustraciones publicadas en “Avanti della Domenica”, en 1905, señalaron el comienzo sironiano en el panorama artístico italiano. Entre 1906 y 1908, el joven artista empezó una serie de viajes formativos, primero a París, donde también se encontraba el amigo Boccioni, y después en Alemania a Erfurt, seguidamente del escultor Felix Tannenbaum. De vuelta definitivamente a Italia, gracias a la relación con Boccioni, Sironi se acercó gradualmente al Futurismo, aunque no hizo una declarada adhesión al movimiento antes de 1913. Con Boccioni y los otros artistas del grupo, Sironi compartió también la experiencia bélica con el alistamiento en el “Battaglione Volontari Ciclisti” al estallar el primer conflicto mundial. El 1916 vió publicado el primer artículo sobre Sironi firmado por el amigo Boccioni, que murió aquel mismo año, y otro de Margherita Sarfatti. La primera exposición personal del artista tuvo lugar en Roma en la Casa d’Arte Bragaglia, en 1919, después, en septiembre del mismo año, Sironi se trasladó definitivamente a Milán. Los inicios de los años ’20 fueron aquellos de las célebres Periferie, las cuales sugestiones evocan las impresiones del primer período transcurrido en la nueva ciudad donde inició a participar en las reuniones del “fascio milanese”, adhesión que desembocó en la plena y convencida militancia en el partido de Mussolini a lo largo de los años ’20. El 1920 fue también el año de publicación del Manifiesto futurista contra todos los retornos a la pintura, firmado junto a Achile Funi, Leonardo Dudreville y Gianfranco Russolo, que en un cierto sentido anticipaba la poética del futuro grupo del “Novecento Italiano”. En el mismo período, Sironi empezó a colaborar con la revista “Le industrie Italiane Illustrate” y con el cotidiano mussoliniano “Popolo d’Italia”, para el que realizó sus célebres viñetas satíricas hasta el cierre definitivo del periódico en 1942. Fundado el año precedente, coordinado por Margherita Sarfatti, el grupo del “Novecento Italiano” empezó en 1923 con una exposición en la célebre galería milanés de Lino Pesaro. En 1924, después, fue la vuelta de la Bienal de Venecia para los 6 artistas del “Novecento”, bajo invitación de Vittorio Pica. Sironi volvió sucesivamente a exponer en la Bienal en 1928, protagonista, esta vez, de una exposición personal. En 1930 conoció a Mimì Costo, destinada a convertirse en su compañera hasta su muerte, y por la cual dos años después dejó su mujer Matilde con la que se había casado en 1919 en Roma. La primera biografía sironiana, firmada por Agnoldomenico Pica, data de 1955, mientras el año sucesivo el artista fue nombrado académico de San Luca. Mario Sironi murió en Milán en agosto de 1961 debido a complicaciones de una bronconeumonía.

Alberto Ziveri

Alberto Ziveri

Alberto Ziveri

Alberto Ziveri nace en Roma en 1908. Entre 1921 y 1929 frecuenta el “Liceo Artistico” y la escuela vespertina de “Arti ornamentali” de San Giacomo, tiene entre sus maestros a Antonio Calcagnadoro. Trabaja en el taller del fresquista liberty Giulio Bargellini, aquí se acerca al pintor Guglielmo Janni, bisnieto del poeta Giuseppe Gioachino Belli, que lo dirige hacia la pintura.

En 1928 inicia con dibujos en la XCIV “Esposizione della Società Amatori e Cultori di Belle Arti” en el Palacio de las Exposiciones. A continuación participa en la primera y la segunda exposición del “Sindacato laziale fascista degli artisti” en Roma.

Entre 1928 y 1930 se queda repetidamente en las afueras de Parma, donde estudia Andrea Mantegna, Pamigianino y Correggio, y después se queda en Milán para realizar el servicio militar en el cuerpo de los “Bersaglieri”.

En 1931 consigue la habilitación a la enseñanza de dibujo y frecuenta la escuela “Libera del Nudo”. En la escuela conoce al joven escultor marchigiano Pericle Fazzini, con el que nace una profunda amistad, y juntos alquilan un estudio.

A principio de los años treinta forma parte de la nueva generación artística que, con Corrado Cagli, Renato Guttuso, Pericle Fazzini, Afro y Mirko Basaldella, gravita alrededor de la Galería de Dario Sabatello.

El joven galerista, que apuesta mucho por él, en 1933 le organiza la primera exposición personal, en la que recoge un discreto suceso de críticas y en 1935 lo insiere en la “Exhibition of Contemporary Italian Painting” en San Francisco, que incluye otros pintores tonalistas romanos. A partir de este momento forma parte de todas las exposiciones más importantes en Italia y el exterior. En 1933 realiza una pintura mural en la “Casa di Campagna per un uomo di studio”, realizada por algunos arquitectos romanos, entre los cuales Luigi Moretti, para la V Triennale de Milán.

En 1935 en la II “Quadriennale d’Arte Nazionale” de Roma expone junto a otros exponentes del tonalismo como Giuseppe Capogrossi y Emanuele Cavalli, mientras la crítica lo señala entre las revelaciones de la exposición. El culmine de su estación tonal está formado por la exposición personal en 1936 en la Galleria della Cometa, fundada en Roma por Anna Laetitia Pecci Blunt, ella misma está entre sus coleccionistas.

En 1936 participa por primera vez en la Bienal Internacional de Arte de Venecia, junto al grupo romano al completo.

En 1937 parte para visitar la grande exposición de París, ciudad que lo seduce con sus ambientes liberales. Después se dirige a Holanda y Bélgica donde queda impresionado por las obras de los flamencos y de la lección realista de la escuela holandesa, fueron estos encuentros que, alrededor de 1938, provocaron un cambio en su pintura.

En 1938 participa en la XXI Bienal de Venecia con once obras, con una pintura realista que muestra elementos diferentes de la precedente. De ahora en más, como declara el mismo artista en sus escritos, el realismo es su “morale”.

Tormento, violencia y soledad destacan en imágenes cruelmente cuotidianas. Nacen así los intensos autorretratos, retratos de soldados, mercados de carne, procesiones religiosas y peleas.

En 1943 gana el tercer premio para la pintura en la IV “Quadriennale” de Roma con una de sus obras maestras, “Giuditta e Oloferne”. En el mismo año es llamado a las armas. En 1946 en la Galleria de Roma tiene la primera exposición personal con una nueva serie de trabajos, en la que también presenta un gran grupo de grabados, técnica que va cultivando desde 1926, pero que desde el descubrimiento de Rembrandt se ha cargado de otras potencialidades expresivas. En 1952 el editor Luigi De Luca le dedica la primera monografía. En 1956 en la XXVIII Bienal de Venecia, Roberto Longhi lo define el mayor realista italiano viviente, reconfirmando esta consagración histórica en la presentación en la exposición personal del 1964, que prepara en Roma en la Galleria La Nuova Pesa. Las obras, casi todas realizadas entre 1957 y 1964, presentan una nueva fase realista en la que el conflicto entre romántico y clásico aparece calmo y resuelto.

En 1970 una exposición personal en la Galleria il Fante di Spade en Roma recoge obras que van desde los campos friulanos y franceses, a las calles de Roma y París, al espacio en el estudio.

En 1983 una exposición de grabados en la “Accademia di San Luca” en Roma desvela un trabajo hasta el momento desconocido. En los últimos años de vida, ya afirmado, es representado en importantes reseñas, entre las cuales la exposición en la Daverio Gallery de Nueva York del 1987 y aquella en la Haus der Kunst de Múnich del 1988.

Ziveri muere en Roma el 1 de febrero de 1990.

 

PIETRO GAUDENZI

Pietro Gaudenzi – Gli affreschi perduti del Castello dei Cavalieri a Rodi

 

Desde el 30 de mayo al 12 de octubre de 2015

Comisarios/as: Marco Fabio Apolloni y Monica Cardarelli
 
Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Piazza S. Vittoria 2 00022 Anticoli Corrado (RM) www.museoanticoli.it

  Inauguración: Sábado 30 de mayo de 2015 a las 11:30, Giardino pensile di Palazzo Gaudenzi

 

 

1-Mattina-screenDopo una prima tappa alla Galleria del Laocoonte a Roma, la mostra “Pietro Gaudenzi: gli affreschi perduti del Castello dei Cavalieri a Rodi” approda al Museo di Anticoli Corrado, il borgo amato dagli artisti della prima metà del Novecento per la bellezza del paesaggio e dei modelli locali. Nell’esclusiva cornice del giardino pensile di Palazzo Gaudenzi adiacente al Museo, frequentato negli anni Trenta da alcune delle più importanti personalità dell’arte e della letteratura, verrà presentato il catalogo della mostra, frutto di ricerche inedite sul pittore genovese. Sono completamente perduti gli affreschi eseguiti da Gaudenzi a Rodi. Un recente sopralluogo ha confermato come, dell’importante ciclo di affreschi realizzati nell’estate del 1938, non vi è più nulla, se non le nude pareti al posto dell’opera capitale nella poetica di Gaudenzi. Particolarmente significativa è, dunque, la mostra che dalla romana Galleria del Laocoonte farà tappa al Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado dal 30 maggio, composta dai cartoni preparatori degli affreschi, dai disegni, bozzetti ed una tavola ad olio, preliminari della monumentale opera perduta di Pietro Gaudenzi. Il nucleo, significativamente ricomposto dai curatori della mostra, Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, è l’ultima testimonianza rimasta delle pitture murali che occupavano due ambienti, la Sala del pane e la Sala della famiglia, del monumentale Castello del Gran Maestro dei Cavalieri di Rodi, ricostruito dagli italiani dal 1936 al 1940. I cartoni a pastello esposti, straordinari per delicatezza di tocco, servirono alla realizzazione dell’opera a fresco. Si tratta di scene di genere o figure ritratte dall’artista nello svolgimento di umili occupazioni quotidiane nelle strade e nelle campagne di Anticoli Corrado. Guardando la mola di Anticoli, la Semina, la Mietitura, le donne che portano il pane su vassoi o allineato su un’asse portata in equilibrio sul capo, la splendida donna con la pagnotta infiorata, o la giovane con un fascio di spighe, non si può non ricordare la retorica della “Battaglia del Grano” mussoliniana, ma le figure di Gaudenzi – che pure sul tema vincerà anche, con un suo trittico dipinto, echeggiante gli affreschi di Rodi, il premio Cremona nel 1940 – sembrano imperturbabili, nella fissità delle loro consuetudini millenarie ed immutabili, all’enfasi trionfalistica del momento. Sono queste opere di un artista schivo, taciturno creatore di un mondo e di un umanità incantata in cui i modelli contadini, da lui ritratti dal vero nel paese di Anticoli Corrado, che egli elesse ad Arcadia personale, sono trasfigurati per grazia poetica, in modo che l’umano e il divino si confondano: così in Gaudenzi una Sacra Famiglia diventa una famiglia, una Visitazione una visita tra comari, uno Sposalizio un semplice banchetto di nozze, senza che il senso del sacro venga meno, ma senza che questo tradisca il senso del vero. È la bellezza dell’umiltà della leggenda cristiana, tante volte meravigliosamente vestita in pittura, che Gaudenzi ha saputo riportare come declinazione purista del Novecento italiano, con semplicità e finezza sincere. Dopo settantasette anni da che sono stati realizzati nello studio del pittore ad Anticoli, questi cartoni tornano da dove sono venuti, riportando, ferma al 1938, l’immagine intatta delle modelle scelte da Gaudenzi per animare altrove lo spazio incantato e metafisico del paese di Anticoli. Affrescata oltremare, sulle mura di un castello teatrale e fiabesco, fondale da operetta divenuto solida pietra per l’ambizione del “Quadrumviro” Cesare Maria de Vecchi, questa Anticoli dipinta si può vedere ora solo in vecchie foto che danno il senso del tempo trascorso. Le donne dei cartoni invece ci fissano vive, come nel momento in cui posarono. Sono tornate per suscitare in un intero paese la storia del proprio passato in cui esse furono madri o nonne di coloro che ora sono vivi. Per il visitatore sono qui invece, per ridare ad Anticoli quella dimensione precisa di città d’arte in cui la vita quotidiana sembrava messa in atto solo per gli occhi dei pittori che ne fissarono per sempre, nelle loro opere, lo status di capitale del pittoresco italiano.

 

Horarios: Del martes al viernes hora 10:00 – 16:00; sábado y domingo hora 10:00 – 18:00 Entrada: Entera 3 €; reducida 2 €; gratuita para las categorías protegidas y residentes de Anticoli Corrado.

Catálogo: Edizioni Polistampa, Firenze Comisarios/as: Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli Colaboración para las fichas técnicas por Tonino Coi; ensayos de Luca Pignataro y Marco Fabio Apolloni; escrito autobiografico de Iacopo Gaudenzi. Fotografías de Riccardo Ragazzi

CATALOGO

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OPERE

Gli Affreschi Perduti Del Castello Dei Cavalieri Di San Giovanni A Rodi

GLI AFFRESCHI PERDUTI DEL CASTELLO DEI CAVALIERI DI SAN GIOVANNI A RODI

di PIETRO GAUDENZI (Genova 1880 – Anticoli Corrado 1955)

 

Sono completamente perduti gli affreschi del Castello dei Cavalieri a Rodi realizzati da Pietro Gaudenzi. Il recente sopralluogo ha confermato come, dell’importante ciclo di affreschi realizzati dal maestro nell’estate del 1938, non vi è più nulla, se non le nude pareti al posto dell’opera capitale nella poetica di Gaudenzi.   Particolarmente significativa è, dunque, la mostra che la Galleria del Laocoonte presenta a Roma dal 1° di ottobre, composta dai cartoni preparatori degli affreschi, dai disegni, bozzetti ed una tavola ad olio, preliminari della monumentale opera perduta di Pietro Gaudenzi. Il nucleo, significativamente ricomposto dai curatori della mostra, Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, è l’ultima testimonianza rimasta delle pitture murali che occupavano due ambienti, la Sala del pane e la Sala della famiglia, del monumentale Castello sede del Governatorato italiano del Dodecaneso dal 1912 al 1943. Pertanto, la rassegna dedicata agli affreschi di Gaudenzi a Rodi, vuole essere anche un risarcimento alla memoria dell’autore.

Le pitture originarie, documentate da foto d’epoca e da un cinegiornale Luce, si trovavano al secondo piano, in sale che oggi sono escluse dalla visita. Le pareti, attualmente, mostrano solo i nudi blocchi di arenaria di cui sono composte: le pitture sono scomparse senza speranza. Inoltre, la parete divisoria delle sale è stata abbattuta al fine di comporre un unico ambiente, mentre i mosaici del pavimento rimangono invisibili sotto una pedana di legno coperta di moquette.

Per la prima volta, si presentano pubblicamente i cartoni a pastello, straordinari per delicatezza di tocco, che servirono alla realizzazione dell’opera a fresco. Si tratta di scene di genere o figure ritratte dall’artista nello svolgimento di umili occupazioni quotidiane nelle strade e nelle campagne di Anticoli Corrado. Guardando la mola di Anticoli, la Semina, la Mietitura, le donne che portano il pane su vassoi o allineato su un’asse portata in equilibrio sul capo, la splendida donna con la pagnotta infiorata, o la giovane con un fascio di spighe, non si può non ricordare la retorica della “Battaglia del Grano” mussoliniana, ma le figure di Gaudenzi – che pure sul tema vincerà anche, con un suo trittico dipinto, echeggiante gli affreschi di Rodi, il premio Cremona nel 1940 – sembrano imperturbabili, nella fissità delle loro consuetudini millenarie ed immutabili, all’enfasi trionfalistica del momento. I due cicli costituiscono una delle opere estreme dell’arte del Ventennio, ma diversa per lirica astrazione da tanto brutale muralismo di propaganda.

La GALLERIA DEL LAOCOONTE presenta, così, una rassegna di considerevole valore artistico di un maestro ancora troppo misconosciuto del Novecento italiano, e promuove, al contempo, un’iniziativa che è anche testimonianza storica.

Il progetto nacque per il più ridente angolo del nostro effimero Impero coloniale, l’incantevole isola di Rodi, che fu sede del Governatorato italiano del Dodecaneso dal 1912 al 1943. Il fascismo aveva modernizzato Rodi eleggendola a vetrina turistica e paragone d’eccellenza architettonica e urbanistica, sotto il governatorato di Mario Lago (1923-1936), giolittiano di formazione, che fu capace di armonizzare la presenza italiana con le comunità greca, turca ed ebraica sefardita, le quali concorrevano alla delicata miscela culturale dell’Isola delle Rose – rodon è rosa in greco antico – che la Seconda Guerra Mondiale ha distrutto per sempre.

Nel 1936 però, volle farsi nominare Governatore di Rodi – e Mussolini fu ben lieto di assecondarlo per toglierselo dai piedi – Cesare Maria De Vecchi (Casal Monferrato 1884-Roma 1959), conte di Val Cismon per meriti militari, già Ras di Torino e Governatore della Somalia.

Retorico, autoritario ed intollerante, laddove il suo predecessore era stato, prudente, razionale e liberale, il nuovo governatore elesse sua maggiore impresa la ricostruzione del Castello dei Cavalieri di Rodi. Forse tempio greco, poi fortezza bizantina, il castello fu costruito dall’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni che dovettero abbandonare l’isola ai Turchi nel 1522. Nel 1856 era stato distrutto dall’esplosione accidentale di una polveriera e adattato a carcere. Mario Lago avrebbe voluto restaurarlo per valorizzarlo come “superbo rudere”, De Vecchi invece volle ricostruirlo completamente, ottenendo un castello “nuovo”, quasi un fondale operistico o una scenografia cinematografica in cui ci si sorprende a toccare vera pietra e non cartone. L’ambiziosa opera, portata a termine in soli tre anni, costò 30 milioni di lire d’allora. Cinquecento tagliapietra e scalpellini furono fatti venire dalla Puglia, squadre di mosaicisti da Firenze e da Venezia per restaurare e mettere in opera nei pavimenti gli antichi mosaici trovati negli scavi archeologici di Coo. L’effetto è maestoso e straniante, gli inglesi che occuparono l’isola fino al ’47 lo descrissero come “a fascist Folly”, oggi è il monumento più visitato di tutta Rodi.

Ancora più atemporali sono i cartoni e le figure della sala della famiglia: una Visitazione e la grande Natività. Lo sposalizio, o meglio il banchetto di nozze è invece il soggetto di una grande tavola dipinta ad olio che però potremmo definire piccolo bozzetto, se pensiamo al precedente “Sposalizio”, di cui il nostro è un eco, che Gaudenzi presentò alla biennale di Venezia del 1932: era alto due metri e mezzo e lungo sette metri. Fu pagato 130mila lire e acquistato dal Senatore Borletti di Milano. Oggi non sappiamo che fine abbia fatto. Di quest’opera capitale nella poetica di Gaudenzi in galleria sarà mostrata su uno schermo la documentazione fotografica, in scatti d’epoca in bianco e nero. Tanto l’aveva cara che egli la replicherà, e non certo per pigrizia, in una delle pareti della Sala della famiglia a Rodi. Nozze di Cana senza miracolo, o pranzo nuziale di Maria e Giuseppe se avessero potuto permetterselo, Gaudenzi presenta la festa con la ieraticità di una storia sacra. Il fatto è che ci mette del suo: sposatosi nel 1909 con la bella modella anticolana Candida Toppi, ne farà, assieme ai quattro figli avuti da lei, il soggetto costante della sua pittura, allora tardo impressionistica. Due figli morirono piccoli e l’epidemia di spagnola portò via Candida. Si risposò con Augusta, sorella della moglie, venuta a Milano per badare ai nipoti orfani. Da lei ebbe Maria Candida e Jacopo. Non per maniera Gaudenzi è pittore della maternità e degli affetti familiari. Si ha la forte impressione che egli abbia trovato nella pittura e saputo trasmetterne la consapevolezza a chi la guarda ciò che è impossibile: che vi sia un luogo dove i vivi e i morti che si sono amati possano convivere senza stupore, ma officiando i gesti della vita di tutti i giorni.

Schivo, taciturno creatore di un mondo e di un umanità incantata in cui i modelli contadini, da lui ritratti dal vero nel paese di Anticoli Corrado, che egli elesse ad Arcadia personale, sono trasfigurati per grazia poetica, in modo che l’umano e il divino si confondano: così in Gaudenzi una Sacra Famiglia diventa una famiglia, una Visitazione una visita tra comari, uno Sposalizio un semplice banchetto di nozze, senza che il senso del sacro venga meno, ma senza che questo tradisca il senso del vero. E’ la bellezza dell’umiltà della leggenda cristiana, tante volte meravigliosamente vestita in pittura, che Gaudenzi ha saputo riportare come declinazione purista del Novecento italiano. Con semplicità e finezza sincere.

La mostra sarà aperta a partire dal 1 ottobre 2014, presso la Galleria del Laocoonte, Via Monterone 13.

 

Chiuso il lunedì. Orario: mar.-sab. 10-13, 15,30-19.

 

Catalogo in preparazione. A cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, schede di Tonino Coi.

 

Ufficio Stampa: Rosi Fontana Press & Public Relations,info@rosifontana.it

Galleria del Laocoonte

Via Monterone 13/13 A

00186 Roma

Tel. 06/68308994

www.laocoontegalleria.it

laocoontegallery@libro.it

Orario: martedì – sabato 10:00 -13:00, 15:30 -19:30.

GaudenziMostra-gli-affreschi-nascosti-del-castello-dei-cavalieri-di-rodi

Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma

Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma

 

dal 1 al 6 ottobre 2014

 

Palazzo Venezia, Via del Plebiscito,118 00186 Roma

 

Artisti rappresentati in fiera:

Balla Giacomo

Savinio Alberto

Leoncillo Leonardi

Sironi Mario

Basaldella Mirko

Basaldella Afro

Marisa Mori

Libero Andreotti

 

orari d’apertura :

Preview ad invito: giovedì 14 ottobre 19.00
Apertura al pubblico:
tutti i giorni dalle ore 11.00 alle ore 20.00
giovedì dalle ore 11.00 alle ore 23.00

Allestimento