Cartelloni e Copertine

Artisti Illustratori in Italia per la Pubblicità e l’Editoria

A cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli

 

Galleria Pio Fedi
Via dei Serragli n. 99 – 50124 Firenze

Dal 24 settembre al 11 ottobre 2015 

Orari:
Dal lunedì alla domenica – 10.00 – 18.00
Ingresso gratuito

Catalogo: Edizioni Polistampa, Firenze

A cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli

Collaborazione per schede di Valentina Balzarotti, Tonino Coi e Francesco Tetro

Introduzione di Paola Pallottino

Fotografie di Riccardo Ragazzi

Inaugurazione: Mercoledì 23 settembre 2015 ore 17.00.

La Galleria del Laocoonte di Roma è orgogliosa di presentare a Firenze, grazie alla collaborazione con la casa editrice Polistampa, nella Galleria Pio Fedi di Via dei Serragli 99, la mostra “Cartelloni e Copertine, Artisti Illustratori in Italia per la Pubblicità e l’Editoria” (dal 24 settembre al 11 ottobre. Orario: 10.00 – 18.00).

L’esposizione riunisce le opere di 16 artisti, una quarantina di bozzetti e studi autografi originali per manifesti pubblicitari e copertine di libri o riviste dal 1910 al 1950. A questi si aggiunge una collezione di ritratti degli artisti stessi, autoritratti oppure ritrattati da altri loro colleghi – Come Giacomo Balla per Duilio Cambellotti, o Lorenzo Viani e Aldo Carpi nel caso di Anselmo Bucci – che vuol fornire una galleria quasi completa delle ispirate fisionomie dei pittori illustratori presenti, quasi a voler trovare nei volti il carattere stesso delle loro opere.  La mostra si concentra sul lavoro preparatorio ed originale, sull’opera unica che dà luogo al manifesto pubblicitario, poi riprodotto e diffuso in migliaia di copie. Si presenta la cartellonistica come un’arte a sé, ma che ha accolto rapidamente i contributi delle avanguardie artistiche trasformandole in stile alla moda, educando le masse al gusto artistico, ma anche gli artisti alle necessità del gusto delle masse, sforzandoli ad essere compresi e a catturare l’attenzione del pubblico senza nessun filtro culturale.

Tra gli artisti più noti è Mario Sironi (1885-1961). In quanto caposcuola a lui spetta la parte del leone, con ben otto sue creazioni, tra tempere, disegni ed un olio su cartone di potente efficacia sintetica. Si va da uno studio per il manifesto della “Mostra della Rivoluzione Fascista” del 1932 alla locandina del film “Scipione l’Africano” di Carmine Gallone del 1937, dal bozzetto di una copertina per la rivista mussoliniana “Gerarchia” al bozzetto per un manifesto della “Medea” di Euripide, interpretata ad Ostia antica nel 1949 da Sarah Ferrati.

Di grande suggestione è il dipinto a olio, memore delle composizioni del periodo futurista. E’ un bozzetto per un manifesto, forse per i Motori d’Aereo Fiat, in cui la sagoma essenziale di un velivolo dalle ali affilate taglia precisa una scia nel cielo notturno.

Secondo per numero di opere presenti è Umberto Brunelleschi (1879-1949), elegante illustratore, scenografo e costumista attivo a Parigi negli ultimi anni della Belle Epoque e tra le due guerre. Di lui si presentano una trionfale pubblicità per la Fiat 508 Balilla del 1932, due studi per il Cacao Van Houten, altri due per un aperitivo, ed infine uno per un ballo in maschera ispirato al ‘700 veneziano per un esclusivo circolo parigino.

Artista poliedrico, illustratore, incisore, pittore, ceramista e disegnatore di mobili, Aleardo Terzi (1870-1943) è noto soprattutto come cartellonista. I suoi bozzetti pubblicitari dai colori squillanti, perfetti collage rifiniti a tempera, celebrano i Grandi Magazzini Mele di Napoli (1910), le famose pastiglie Formitrol (1930) e la popolare Ovomaltina (1930), a tutt’oggi nella condivisa memoria infantile di ognuno.

Rivoluzionario agente di modernità fu Fortunato Depero (1892-1960), che riuscì a trasfondere la capacità di autopromozione e l’impatto delle immagini sintetiche che furono del movimento futurista in funzione del mezzo pubblicitari. Depero stemperò il carattere aggressivo e provocatorio del futurismo originale in senso ironico e giocoso, mutando così lo stile stesso della pubblicità, non solo italiana, del primo dopoguerra. Della seconda metà degli anni venti sono le prime idee, velocemente schizzate a matita rossa e blu, per il Bitter Campari a cui Depero dedicò innumerevoli spiritosissime invenzioni, e per le Matite Presbitero per le quali l’artista escogitò la futuristica trovata di un uomo-lapis, robot e giocattolo, d’indimenticabile suggestione.

Futurista fu anche il pavese Gino Giuseppe Soggetti (1898-1958) di cui è un bozzetto, sempre per il Bitter Campari, grafica sintesi in bianco e nero ispirata dalla tastiera di un pianoforte. “Futursimultanisti” si proclamarono invece Augusto Favalli (1912-1969) e Domenico Belli (1903-1983) che qui collaborano in due tempere per manifesti (1935), una dedicata alla 9a Fiera di Tripoli – “Mostra del Cavallo Arabo, del mehara (dromedario), dello Zebù” – e l’altra per la Seconda Quadriennale di Roma, entrambe influenzate da Sironi, ma leggere e piacevoli nel loro carattere essenziale.

Di ispirazione cubo-futurista, è la solare natura morta con bottiglia, pipa, e bicchiere, dipinto a tempera nel 1934 dal giovane Bruno Munari (1907-1998), il famoso artista designer e poligrafo. E’ uno studio per pubblicità per il Cordial Campari, non caratterizzato da nessuna scritta che lo identifichi, se non dall’enfasi surreale data al motivo della greca stampata entro una fascia a rilievo che gira attorno alla bottiglia, una linea che Munari astrae dal solido dell’oggetto, facendola scorrer via come un’onda grafica, un messaggio di identificazione del prodotto che anche un analfabeta potrebbe leggere.

Di Marcello Dudovich (1878-1962), due tavole, quasi figurini per mode, celebrano la donna audace, più che emancipata, che fu l’ideale costante dell’artista triestino.

Del poliedrico Duilio Cambellotti (1876-1960) è il cartone preparatorio, per un’affissione turistica, dedicato alle Terme di Chianciano accanto al quale si espone il manifesto effettivamente stampato. Di Vittorio Grassi (1878-1958), emulo del precedente, è esposto invece il grande prototipo, ad olio su tela, alto due metri, presentato al concorso per il manifesto ufficiale per l’Esposizione Internazionale di Roma del 1911. Raffigura uno dei Dioscuri del Quirinale sotto un cielo stellato, e si aggiudicò il secondo posto, dopo il vincitore, che fu proprio Duilio Cambellotti.

Ancora una pubblicità, del Campari Soda, mostra una sirena sdraiata sulla sabbia a prendere il sole con la caratteristica bottiglietta a tronco di cono. E’ opera del caustico e brillante disegnatore Enrico Sacchetti (1877-1967), e mostra la sirena a seno nudo, sicuramente una prima versione, un po’ più audace, della pubblicità che fu stampata, in cui la sirena è sdraiata a pancia in giù.

Stessa ambientazione estiva per il prodotto allora concorrente, il Cinzano Soda, con ben altro bagnante, un buffo omino blu che si confonde con il colore del marchio per metà rosso come la bevanda, in un bozzetto di grande dimensioni per un poster inventato e dipinto a tempera (1950) da Raymond Savignac (1907-2002), inconfondibile e divertente affichiste parigino che ha molto lavorato in Italia nel dopoguerra.

Tra le tavole per copertine spicca la serie per la rivista “Le Carte Parlanti” della casa editrice Vallecchi, un tripudio di vulcaniche invenzioni di Mino Maccari, il più spiritoso dei disegnatori italiani del Novecento.

Illustratore bizzarro e inconfondibile fu Raoul Chareun (1889-1949), in arte Primo Sinopico, di cui qui sono tre rare tavole, un elefante che porge un fiore a una farfalla, un trio di buffi scoiattoli su un albero che sta per essere abbattuto e una palestra ginnica animata da omini filiformi che sono l’invenzione più tipica delle sue illustrazioni.

Anselmo Bucci (1887-1955), pittore e scrittore, sviluppò la sua carriera al contrario, dall’avanguardia alla tradizione, ma mantenendo sempre una magistrale eccellenza nel disegno, come mostrano le mani femminili che illustrarono un libro di poesie di Diego Valeri  nel 1915, oppure il ritratto delle sue stesse mani di pittore al lavoro, disegnate forse per ornare il catalogo della mostra dell’Autoritratto italiano tenutasi alla Famiglia Artistica di Milano nel 1916.

Completa la mostra una tavola della pittrice trevigiana Tina Tommasini (1902-1985), un’allegra carta d’Italia con l’indicazione dei vini più famosi delle sue regioni.

Rintracciate sul mercato nel corso degli anni, queste opere, con la loro stessa capacità di richiamo rimasta intatta dagli anni in cui furono create, ma arricchite anche dal fascino del secolo trascorso e della storia passata d’Italia che esse aiutano a raccontare, si propongono al pubblico in generale, e ai collezionisti in particolare, come oggetti di ammirazione e di possesso proprio in coincidenza con la Biennale d’antiquariato di Firenze, quando la città, almeno per l’arte, torna ad essere un po’ capitale d’Italia.

Pietro Gaudenzi – Gli affreschi perduti del Castello dei Cavalieri a Rodi

Pietro Gaudenzi – Gli affreschi perduti del Castello dei Cavalieri a Rodi

 

Dal 30 maggio al 12 ottobre 2015

A cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli
 
Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea
Piazza S. Vittoria 2
00022 Anticoli Corrado (RM)
www.museoanticoli.it

 

Inaugurazione: Sabato 30 maggio 2015 ore 11:30, Giardino pensile di Palazzo Gaudenzi

 

 

1-Mattina-screenDopo una prima tappa alla Galleria del Laocoonte a Roma, la mostra “Pietro Gaudenzi: gli affreschi perduti del Castello dei Cavalieri a Rodi” approda al Museo di Anticoli Corrado, il borgo amato dagli artisti della prima metà del Novecento per la bellezza del paesaggio e dei modelli locali. Nell’esclusiva cornice del giardino pensile di Palazzo Gaudenzi adiacente al Museo, frequentato negli anni Trenta da alcune delle più importanti personalità dell’arte e della letteratura, verrà presentato il catalogo della mostra, frutto di ricerche inedite sul pittore genovese.
Sono completamente perduti gli affreschi eseguiti da Gaudenzi a Rodi. Un recente sopralluogo ha confermato come, dell’importante ciclo di affreschi realizzati nell’estate del 1938, non vi è più nulla, se non le nude pareti al posto dell’opera capitale nella poetica di Gaudenzi.
Particolarmente significativa è, dunque, la mostra che dalla romana Galleria del Laocoonte farà tappa al Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado dal 30 maggio, composta dai cartoni preparatori degli affreschi, dai disegni, bozzetti ed una tavola ad olio, preliminari della monumentale opera perduta di Pietro Gaudenzi. Il nucleo, significativamente ricomposto dai curatori della mostra, Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, è l’ultima testimonianza rimasta delle pitture murali che occupavano due ambienti, la Sala del pane e la Sala della famiglia, del monumentale Castello del Gran Maestro dei Cavalieri di Rodi, ricostruito dagli italiani dal 1936 al 1940.
I cartoni a pastello esposti, straordinari per delicatezza di tocco, servirono alla realizzazione dell’opera a fresco. Si tratta di scene di genere o figure ritratte dall’artista nello svolgimento di umili occupazioni quotidiane nelle strade e nelle campagne di Anticoli Corrado. Guardando la mola di Anticoli, la Semina, la Mietitura, le donne che portano il pane su vassoi o allineato su un’asse portata in equilibrio sul capo, la splendida donna con la pagnotta infiorata, o la giovane con un fascio di spighe, non si può non ricordare la retorica della “Battaglia del Grano” mussoliniana, ma le figure di Gaudenzi – che pure sul tema vincerà anche, con un suo trittico dipinto, echeggiante gli affreschi di Rodi, il premio Cremona nel 1940 – sembrano imperturbabili, nella fissità delle loro consuetudini millenarie ed immutabili, all’enfasi trionfalistica del momento.
Sono queste opere di un artista schivo, taciturno creatore di un mondo e di un umanità incantata in cui i modelli contadini, da lui ritratti dal vero nel paese di Anticoli Corrado, che egli elesse ad Arcadia personale, sono trasfigurati per grazia poetica, in modo che l’umano e il divino si confondano: così in Gaudenzi una Sacra Famiglia diventa una famiglia, una Visitazione una visita tra comari, uno Sposalizio un semplice banchetto di nozze, senza che il senso del sacro venga meno, ma senza che questo tradisca il senso del vero. È la bellezza dell’umiltà della leggenda cristiana, tante volte meravigliosamente vestita in pittura, che Gaudenzi ha saputo riportare come declinazione purista del Novecento italiano, con semplicità e finezza sincere.
Dopo settantasette anni da che sono stati realizzati nello studio del pittore ad Anticoli, questi cartoni tornano da dove sono venuti, riportando, ferma al 1938, l’immagine intatta delle modelle scelte da Gaudenzi per animare altrove lo spazio incantato e metafisico del paese di Anticoli. Affrescata oltremare, sulle mura di un castello teatrale e fiabesco, fondale da operetta divenuto solida pietra per l’ambizione del “Quadrumviro” Cesare Maria de Vecchi, questa Anticoli dipinta si può vedere ora solo in vecchie foto che danno il senso del tempo trascorso. Le donne dei cartoni invece ci fissano vive, come nel momento in cui posarono. Sono tornate per suscitare in un intero paese la storia del proprio passato in cui esse furono madri o nonne di coloro che ora sono vivi. Per il visitatore sono qui invece, per ridare ad Anticoli quella dimensione precisa di città d’arte in cui la vita quotidiana sembrava messa in atto solo per gli occhi dei pittori che ne fissarono per sempre, nelle loro opere, lo status di capitale del pittoresco italiano.

 

Orari:
Dal martedì al venerdì ore 10:00 – 16:00; sabato e domenica ore 10:00 – 18:00
Biglietti:
Intero 3 €; ridotto 2 €; gratuito per le categorie protette e i residenti di Anticoli Corrado.

Catalogo: Edizioni Polistampa, Firenze
A cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli
Collaborazione per schede tecniche di Tonino Coi; saggi di Luca Pignataro e Marco Fabio Apolloni; scritto autobiografico di Iacopo Gaudenzi.
Fotografie di Riccardo Ragazzi

CATALOGO

GaudenziMostra-gli-affreschi-nascosti-del-castello-dei-cavalieri-di-rodi

OPERE

Primavera 2015

Epifanie di Primavera

Se la primavera è rinascita della vita dopo l’apparenza di morte dell’inverno, nessuno tra i quadri qui esposti può annunciarla meglio della fortunosa salvazione dell’infanzia celebrata dal coloratissimo pennello di Armando Spadini.

Una festa di bellezza femminile, sulle rive di un Nilo trasfigurato in laziale fiume d’Arcadia, accoglie la nuova fortunata esistenza di Mosè, esso stesso seme e germoglio della primavera di un popolo nuovo. Ed è davvero incarnazione della primavera, sotto la cui pelle di petalo pare scorrere linfa anzichè sangue, la nuda giovane donna di Ferruccio Ferrazzi, giovane sempre, come solo una natura della divinità può esserlo.

Ci sarebbe piaciuto, per celebrare il momento stagionale con le nostre preferenze figurative, presentarvi ogni opera come un epifania primaverile, ma non è stato possibile: la magica Notte di San Giovanni di Corrado Cagli coincide con il solstizio d’estate, tra il 23 e il 24 giugno. La Natura Morta di De Pisis, con la sua zucca variopinta e i suoi terrosi funghi coincide incontrovertibilmente con l’autunno. I frammenti archeologici di Sironi, soprevvissuti alla rovina di un mondo da lui stesso creato in figura, inchiodano questo geniale archeologo della sua stessa arte perduta ad un unica data, oltre alla quale egli soprevvisse, quella del 25 luglio. Eppure tutto ciò che presentiamov appartiene ad una primavera artistica del nostro paese, allmeno così essa appare a noi, a guardarla dopo una tumultuosa estate, un autunno marcescente, ora, in quel che pare un nuovo inverno della nostra storia. Inverno di idee, di talenti, di belle figure. L’omaggio alla primavera passata ci sembra il miglior modo per auspicare una nuova fioritura.

La mostra sarà aperta a partire dal 22 aprile 2015, presso la Galleria del Laocoonte, Via Monterone 13.

Chiuso il lunedì.

Orario mar.-sab. 10-13, 15,30-19.

 

Catalogo in preparazione. A cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli.

 

Galleria del Laocoonte: Via Monterone 13/13 A – 00186 Roma | Tel. 06 68308994 | laocoontegallery@libero.it

Invito-mostra-Primavera-2015

Gli Affreschi Perduti Del Castello Dei Cavalieri Di San Giovanni A Rodi

GLI AFFRESCHI PERDUTI DEL CASTELLO DEI CAVALIERI DI SAN GIOVANNI A RODI

di PIETRO GAUDENZI (Genova 1880 – Anticoli Corrado 1955)

 

Sono completamente perduti gli affreschi del Castello dei Cavalieri a Rodi realizzati da Pietro Gaudenzi. Il recente sopralluogo ha confermato come, dell’importante ciclo di affreschi realizzati dal maestro nell’estate del 1938, non vi è più nulla, se non le nude pareti al posto dell’opera capitale nella poetica di Gaudenzi.   Particolarmente significativa è, dunque, la mostra che la Galleria del Laocoonte presenta a Roma dal 1° di ottobre, composta dai cartoni preparatori degli affreschi, dai disegni, bozzetti ed una tavola ad olio, preliminari della monumentale opera perduta di Pietro Gaudenzi. Il nucleo, significativamente ricomposto dai curatori della mostra, Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, è l’ultima testimonianza rimasta delle pitture murali che occupavano due ambienti, la Sala del pane e la Sala della famiglia, del monumentale Castello sede del Governatorato italiano del Dodecaneso dal 1912 al 1943. Pertanto, la rassegna dedicata agli affreschi di Gaudenzi a Rodi, vuole essere anche un risarcimento alla memoria dell’autore.

Le pitture originarie, documentate da foto d’epoca e da un cinegiornale Luce, si trovavano al secondo piano, in sale che oggi sono escluse dalla visita. Le pareti, attualmente, mostrano solo i nudi blocchi di arenaria di cui sono composte: le pitture sono scomparse senza speranza. Inoltre, la parete divisoria delle sale è stata abbattuta al fine di comporre un unico ambiente, mentre i mosaici del pavimento rimangono invisibili sotto una pedana di legno coperta di moquette.

Per la prima volta, si presentano pubblicamente i cartoni a pastello, straordinari per delicatezza di tocco, che servirono alla realizzazione dell’opera a fresco. Si tratta di scene di genere o figure ritratte dall’artista nello svolgimento di umili occupazioni quotidiane nelle strade e nelle campagne di Anticoli Corrado. Guardando la mola di Anticoli, la Semina, la Mietitura, le donne che portano il pane su vassoi o allineato su un’asse portata in equilibrio sul capo, la splendida donna con la pagnotta infiorata, o la giovane con un fascio di spighe, non si può non ricordare la retorica della “Battaglia del Grano” mussoliniana, ma le figure di Gaudenzi – che pure sul tema vincerà anche, con un suo trittico dipinto, echeggiante gli affreschi di Rodi, il premio Cremona nel 1940 – sembrano imperturbabili, nella fissità delle loro consuetudini millenarie ed immutabili, all’enfasi trionfalistica del momento. I due cicli costituiscono una delle opere estreme dell’arte del Ventennio, ma diversa per lirica astrazione da tanto brutale muralismo di propaganda.

La GALLERIA DEL LAOCOONTE presenta, così, una rassegna di considerevole valore artistico di un maestro ancora troppo misconosciuto del Novecento italiano, e promuove, al contempo, un’iniziativa che è anche testimonianza storica.

Il progetto nacque per il più ridente angolo del nostro effimero Impero coloniale, l’incantevole isola di Rodi, che fu sede del Governatorato italiano del Dodecaneso dal 1912 al 1943. Il fascismo aveva modernizzato Rodi eleggendola a vetrina turistica e paragone d’eccellenza architettonica e urbanistica, sotto il governatorato di Mario Lago (1923-1936), giolittiano di formazione, che fu capace di armonizzare la presenza italiana con le comunità greca, turca ed ebraica sefardita, le quali concorrevano alla delicata miscela culturale dell’Isola delle Rose – rodon è rosa in greco antico – che la Seconda Guerra Mondiale ha distrutto per sempre.

Nel 1936 però, volle farsi nominare Governatore di Rodi – e Mussolini fu ben lieto di assecondarlo per toglierselo dai piedi – Cesare Maria De Vecchi (Casal Monferrato 1884-Roma 1959), conte di Val Cismon per meriti militari, già Ras di Torino e Governatore della Somalia.

Retorico, autoritario ed intollerante, laddove il suo predecessore era stato, prudente, razionale e liberale, il nuovo governatore elesse sua maggiore impresa la ricostruzione del Castello dei Cavalieri di Rodi. Forse tempio greco, poi fortezza bizantina, il castello fu costruito dall’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni che dovettero abbandonare l’isola ai Turchi nel 1522. Nel 1856 era stato distrutto dall’esplosione accidentale di una polveriera e adattato a carcere. Mario Lago avrebbe voluto restaurarlo per valorizzarlo come “superbo rudere”, De Vecchi invece volle ricostruirlo completamente, ottenendo un castello “nuovo”, quasi un fondale operistico o una scenografia cinematografica in cui ci si sorprende a toccare vera pietra e non cartone. L’ambiziosa opera, portata a termine in soli tre anni, costò 30 milioni di lire d’allora. Cinquecento tagliapietra e scalpellini furono fatti venire dalla Puglia, squadre di mosaicisti da Firenze e da Venezia per restaurare e mettere in opera nei pavimenti gli antichi mosaici trovati negli scavi archeologici di Coo. L’effetto è maestoso e straniante, gli inglesi che occuparono l’isola fino al ’47 lo descrissero come “a fascist Folly”, oggi è il monumento più visitato di tutta Rodi.

Ancora più atemporali sono i cartoni e le figure della sala della famiglia: una Visitazione e la grande Natività. Lo sposalizio, o meglio il banchetto di nozze è invece il soggetto di una grande tavola dipinta ad olio che però potremmo definire piccolo bozzetto, se pensiamo al precedente “Sposalizio”, di cui il nostro è un eco, che Gaudenzi presentò alla biennale di Venezia del 1932: era alto due metri e mezzo e lungo sette metri. Fu pagato 130mila lire e acquistato dal Senatore Borletti di Milano. Oggi non sappiamo che fine abbia fatto. Di quest’opera capitale nella poetica di Gaudenzi in galleria sarà mostrata su uno schermo la documentazione fotografica, in scatti d’epoca in bianco e nero. Tanto l’aveva cara che egli la replicherà, e non certo per pigrizia, in una delle pareti della Sala della famiglia a Rodi. Nozze di Cana senza miracolo, o pranzo nuziale di Maria e Giuseppe se avessero potuto permetterselo, Gaudenzi presenta la festa con la ieraticità di una storia sacra. Il fatto è che ci mette del suo: sposatosi nel 1909 con la bella modella anticolana Candida Toppi, ne farà, assieme ai quattro figli avuti da lei, il soggetto costante della sua pittura, allora tardo impressionistica. Due figli morirono piccoli e l’epidemia di spagnola portò via Candida. Si risposò con Augusta, sorella della moglie, venuta a Milano per badare ai nipoti orfani. Da lei ebbe Maria Candida e Jacopo. Non per maniera Gaudenzi è pittore della maternità e degli affetti familiari. Si ha la forte impressione che egli abbia trovato nella pittura e saputo trasmetterne la consapevolezza a chi la guarda ciò che è impossibile: che vi sia un luogo dove i vivi e i morti che si sono amati possano convivere senza stupore, ma officiando i gesti della vita di tutti i giorni.

Schivo, taciturno creatore di un mondo e di un umanità incantata in cui i modelli contadini, da lui ritratti dal vero nel paese di Anticoli Corrado, che egli elesse ad Arcadia personale, sono trasfigurati per grazia poetica, in modo che l’umano e il divino si confondano: così in Gaudenzi una Sacra Famiglia diventa una famiglia, una Visitazione una visita tra comari, uno Sposalizio un semplice banchetto di nozze, senza che il senso del sacro venga meno, ma senza che questo tradisca il senso del vero. E’ la bellezza dell’umiltà della leggenda cristiana, tante volte meravigliosamente vestita in pittura, che Gaudenzi ha saputo riportare come declinazione purista del Novecento italiano. Con semplicità e finezza sincere.

La mostra sarà aperta a partire dal 1 ottobre 2014, presso la Galleria del Laocoonte, Via Monterone 13.

 

Chiuso il lunedì. Orario: mar.-sab. 10-13, 15,30-19.

 

Catalogo in preparazione. A cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, schede di Tonino Coi.

 

Ufficio Stampa: Rosi Fontana Press & Public Relations,info@rosifontana.it

Galleria del Laocoonte

Via Monterone 13/13 A

00186 Roma

Tel. 06/68308994

www.laocoontegalleria.it

laocoontegallery@libro.it

Orario: martedì – sabato 10:00 -13:00, 15:30 -19:30.

GaudenziMostra-gli-affreschi-nascosti-del-castello-dei-cavalieri-di-rodi

Libero Andreotti – Antologia di un grande scultore del ‘900

Libero Andreotti, Antologia di un grande scultore del ‘900

Dal 1 al 6 ottobre 20104 In occasione della Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma presso Palazzo Venezia, stand E4  

La Galleria del Laocoonte presenta una eccezionale raccolta di diciassette opere dello scultore Libero Andreotti, tra i massimi del nostro ‘900. Tredici bronzi, dalla minuscola danzatrice del 1907 alla monumentale Giustizia del 1932, sono una ricca antologia del suo fare artistico, dall’erotismo di inizio secolo fino all’astratta ieraticità che tramuta la Giustizia in divinità arcaica destinata al nuovo Tribunale di Milano.

Oltre ad un rilievo in cera e a due disegni di grande formato, vi è anche una rara scultura in marmo di Candoglia, “La Vigne” ovvero Baccante con Bacchino ubriaco, meditazione ispirata e leggera sulle sculture di Maillol e sul non-finito michelangiolesco.

Libero Andreotti

(Pescia 1875 – Firenze 1933)

Di umili origini, illustratore autodidatta, sempre affamato, Andreotti scopre la scultura a Firenze nel 1904, a quassi trent’anni, mettendosi per caso a lavorare la creta. Già nel 1905 si trasferisce a Milano dove il gallerista Alberto de Grubicy vorrà l’esclusiva dei suoi lavori. Rescisso il contratto, lo scultore si trasferisce a Parigi, dove il famoso sarto Worth lo introduce nel bel mondo. Un periodo di grande successo che si interrompe quando dovrà lasciare la Francia per via della guerra del ’14.

Rientrato a Firenze, mutato stile, si lega all’influente critico Ugo Ojetti, che vedrà in lui il continuatore dell’antica tradizione scultorea italiana. Titolare di cattedra nel 1920, sposa nel ’23 la sorella del pittore Aldo Carpi, aderendo agli ideali religiosi di quest’ultimo. E’ la stagione dei monumenti ai caduti e della vittoria al concorso per la Pietà di S.Croce che gli valse non poche critiche. Muore nel 1933 lasciando come ultima opera il gruppo di Affrico e Mensola.

Andreotti-copertina-web

Disegni e Tempere dal Futurismo al Dopoguerra

Mario Sironi

Disegni e Tempere dal Futurismo al Dopoguerra

 

INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA e della GALLERIA DEL LAOCOONTE: un nuovo punto di incontro a Roma per gli amatori e cultori dell’arte del Novecento storico italiano e della tradizione figurativa e classica nell’arte moderna e contemporanea.

 

Con l’inaugurazione della mostra MARIO SIRONI Disegni e tempere dal Futurismo al Dopoguerra, la Galleria del Laocoonte vuol presentare il proprio esordio espositivo come punto di riferimento per gli amatori e cultori dell’arte del Novecento storico italiano e dell’irriducibile tradizione figurativa e classica nello sviluppo della nostra arte moderna fin nel presente.

Questa prima mostra dedicata al più potente e originale artista italiano attivo tra le due guerre è il frutto di una appassionata ricerca presso eredi, collezionisti e mercato, per offrire a Roma un’ampia e variegata scelta del giovane Sironi futurista, del metafisico paesaggista urbano dell’Italia dolorosamente entrata nella modernità con la Prima Guerra Mondiale, dell’illustratore fedele della controstoria fascista nelle caricature per il “Popolo d’Italia”, il giornale di Mussolini, in cui l’immaginario grottesco si tinge, letteralmente, di una dolorosa e drammatica tragicità.

Sironi fu infatti pittore, affrescatore, inventore di architetture e sculture durevoli ed effimere per le costruzioni monumentali e le trionfalistiche manifestazioni del Regime, ma anche anche un prodigioso illustratore: copertine di riviste e di libri, manifesti pubblicitari e propagandistici, sono presentati in questa mostra in fogli dove l’artista ha espresso con foga tumultuosa e palpitante materia di colore le prime idee di opere, poi riprodotte sulla carta stampata o per la pubblica affissione, che possono essere annoverate tra i capolavori dell’arte per le masse del Novecento.

Si notano una tricolore pubblicità per la prima 500 della Fiat, “La Vetturetta del Lavoro e del Risparmio”, del 1936. Sempre per la fiat, velivoli attraversano il cielo come notturne comete, piegando la mistica futurista della velocità e della macchina al servizio delle industrie aereonautiche nazionali.

Tra le illustrazioni per l’editoria si distinguono gli essenziali progetti di illustrazione per la rivista Gerarchia, e il suggestivo bozzetto per la copertina del libro di Mario Appelius, La Sfinge Nera, del 1924.

La mitologia del ventennio è rappresentata trasfigurata in travolgente fantasia visionaria nella prima idea per il manifesto della Mostra della Rivoluzione Fascista del 1932. Come anche in quello per il famoso, più che pregevole, film “Scipione l’Africano” del 1937-38, e in molti altri fogli dove, moschetti imbracciati e branditi, Italie turrite solide come muliebri sculture romaniche, aquile imperiali vive e minacciose, mostrano la forza evocativa senza pari di un artista capace, grazie alla sua arte geniale, di rendere più grande del vero e più eroico ciò che nelle foto d’epoca e nei cinegiornali d’allora mostra oggi la sua prosaica fragilità.

Vi è forse anche in Sironi una capacità profetica che va al di là, ai nostri occhi di posteri, delle stesse intenzioni del propagandista: il progetto per un’illustrazione della “Rivista Illustrata del Popolo d’Italia” del 1943, che in un drammatico monocromo bianco e nero stampa come un’indelebile istantanea “Il Mondo in fiamme e la Morte”, sembra un grido sull’insensatezza della storia in cui non si riesce a riconoscere la voce di una parte politica, ma un accento universale e sempre valido.

La mostra, che raduna ben 57 pezzi, tra disegni, tempere, acquarelli, e un olio su cartone, comprende schizzi di progetti architettonici e decorativi, per il palazzo dei Giornali di Milano, per il palazzo delle Poste di Bergamo, per il palazzo Littorio di Roma, ed altri che sembrano appartenere ad un’utopia architettonica solo immaginaria. Schizzi per dipinti realizzati e non, come il potente ed essenziale “Donna con albero”, ed ancora disegni fatti solo per l’amore e il dovere di disegnare come, per esempio, il primo commovente schizzo a penna biro, dedicato alla compagna Mimì appena dopo il risveglio di Sironi da un’operazione subita nel 1950.

Il Sironi del dopoguerra, anche dopo il crollo dei suoi ideali e del mondo che egli credeva di aver contribuito a costruire durevole, rimane un grande artista, come testimoniano i colorati geroglifici di quattro pannelli per il transatlantico “Conte Biancamano”, o uno straordinario schizzo per il manifesto della Medea di Euripide messa in scena nel teatro romano di Ostia Antica nel 1949.

Il catalogo della mostra, pubblicato da Polistampa di Firenze, è curato da Fabio Benzi al cui testo di esperta esegesi, posto come introduzione, sono interfoliate le inedite foto di un servizio che ritrae Mario Sironi nel suo studio, realizzato nei primi anni ’50 da Sanford H. Roth.

 

Mostra MARIO SIRONI Disegni e tempere dal Futurismo al Dopoguerra.

Dall’11 aprile al 7 luglio 2014.

Inaugurazione: giovedì 10 aprile, ore 17:00

Galleria del Laocoonte

Via Monterone 13/13 A

00186 Roma

Tel. 06/68308994

www.laocoontegalleria.it

laocoontegallery@libro.it

Orario: martedì – sabato 10:00 -13:00, 15:00 -19:00.

Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma

Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma

 

dal 1 al 6 ottobre 2014

 

Palazzo Venezia, Via del Plebiscito,118 00186 Roma

 

Artisti rappresentati in fiera:

Balla Giacomo

Savinio Alberto

Leoncillo Leonardi

Sironi Mario

Basaldella Mirko

Basaldella Afro

Marisa Mori

Libero Andreotti

 

orari d’apertura :

Preview ad invito: giovedì 14 ottobre 19.00
Apertura al pubblico:
tutti i giorni dalle ore 11.00 alle ore 20.00
giovedì dalle ore 11.00 alle ore 23.00

Allestimento

antonio biggi squadrista 1938

Arte Italiana tra le due Guerre

antonio biggi squadrista 1938

ARTE ITALIANA TRA LE DUE GUERRE

Dal 16 gennaio al 9 aprile 2014

Artisti presenti:

Alò Patrick

Andreotti Libero

Biancini Angelo

Chini Galileo

Funi Achille

Grassi Vittorio

Guerrini Giovanni

Leonardi Leoncillo

Mascherini Marcello

Morbiducci Publio

Mori Marisa

Novello Giuseppe

Rivaroli Giuseppe

Severini Gino

Le immagini dell’allestimento

Disegni di Afro

ArteFiera Bologna 2013

Fiera internazionale di Arte Contemporanea

dal 24 al 28 genaio 2013

Viale della Fiera, 20 – 40127 Bologna

 

In occasione di ArteFiera Bologna la mostra Disegni di Afro. Un esposizione di diciassette disegni inediti dal 1944 al 1957

Artisti rappresentati in fiera:

Sironi Mario

Guerrini Giuseppe

Severini Luigi

Cambellotti Duilio

Andreotti Libero

Basaldella Afro

Carena Felice

Funi Achille

CATALOGO

Disegni di Afro | 1944-1957