FRANCESCO COGHETTI, DIPINTI, BOZZETTI E DISEGNI INEDITI, IFA Italian Fine Art 2025 Bergamo
Francesco Coghetti (Bergamo, 1802 – Roma, 1875). Dipinti, bozzetti e disegni inediti
STAND 62 IFA Italian Fine Art 2025
10-19 Gennaio 2025, Fiera di Bergamo – pad. A
Nell’ambito della Fiera d’Arte Antica di Bergamo, Marco Fabio Apolloni, titolare dell’antica galleria antiquaria W. Apolloni di Roma, ha voluto partecipare per portare a Bergamo un piccolo ma significativo contributo alla conoscenza di un grande pittore bergamasco dell’800, Francesco Coghetti (Bergamo 1802- Roma 1875) che a Roma si trasferì a poco meno di vent’anni nel 1821, divenendo nel corso della sua lunga carriera onorata da numerosissime e prestigiose committenze, caposcuola della pittura della Roma pontificia – avendo come solo rivale l’amico e collega anconetano Francesco Podesti (1800-1895) – dal regno di Gregorio XVI fino alla fine del potere temporale di Pio IX, quando Roma divenne italiana.
Pittore di storia, di monumentali pale d’altare, frescante capace e di grande respiro, ma anche ritrattista sensibile fino a raggiungere effetti di toccante verità, Coghetti lavorò a lungo alle imprese del principe Torlonia, il più fastoso mecenate di Roma, al Palazzo di piazza Venezia e al Teatro Apollo, purtroppo perduti, e alla Villa sulla Nomentana, salvata per fortuna in extremis da un colpevole degrado che rischiava di far sparire un autentico gioiello del gusto artistico del tempo. Nel campo delle grandi committenze ecclesiastiche Coghetti eseguì due delle maggiori pale per la ricostruita Basilica di S. Paolo fuori le Mura e un ciclo d’affreschi smisurato per la Cattedrale di Savona. I suoi quadri arricchirono le collezioni della grande nobiltà italiana, come la regina di Sardegna per il castello di Agliè, e partirono anche per l’Inghilterra e per la Russia, dove finora però, se n’è persa la traccia.
Nondimeno egli non perse mai contatto con la sua città natale, tornandovi spesso, e lavorandovi a grandi opere, come la cupola del Duomo affrescata per ben due volte di seguito – i primi affreschi si guastarono per problemi statici della costruzione – ma anche costellando il bergamasco di eclatanti pale d’altare ogni volta esposte in città prima della definitiva collocazione, con plauso ed entusiasmo generale. Tanto era lo zelo dell’artista nel farsi onore nella patria dove si era formato – all’Accademia Carrara assieme al Piccio – tanto si lusingava la città di avere come concittadino un gran maestro che si faceva onore a Roma. Ricordiamo la pala di S. Michele in Arco, la Presentazione di Gesù ad Almenno S. Bartolomeo, L’Assunta di Calcinate o la S. Felicita della Parrocchiale di Ranica. Anche nel ritratto egli rendeva omaggio a Bergamo e ai più illustri suoi figli: il grande Donizetti che fu suo amico e con cui mangiava a Roma polenta e osei, il Cardinale Mai filologo di fama europea, un altro paio di Cardinali oggi dimenticati, e poi non ultimo lui stesso, nell’autoritratto di cui fece dono al Municipio.
Morto artisticamente quando era ancora vivo, nel 1870, malamente umiliato dal nuovo Governo italiano che lo depose dalla carica di Presidente dell’Accademia di S. Luca, Coghetti non merita però la dimenticanza che ancora oscura il suo nome e la sua pittura. Allievo e maestro d’accademia, lontano da Milano che fu la fucina del Romanticismo italiano, nella Roma del Papato restaurato due volte, dopo le prepotenze di Napoleone e dopo il sangue della Repubblica Romana, Coghetti non poteva dipingere se non come ha dipinto, cambiando il rigido neoclassicismo del suo maestro Camuccini in una sorta di maniera neoseicentesca che ben si accordava all’altrettanto rigido immobilismo dell’ortodossia cattolica, al suo misoneismo – odio del nuovo – in ogni campo. In questa maniera egli però seppe infondere l’impegno della sua maestria, la capacità di un fare monumentale, che lo accomuna ai grandi “pompiers” dell’800 francese, come l’ormai riscoperto e di nuovo celebrato Bouguereau. Nei disegni, nei bozzetti, freme ancora quell’affascinante indeterminatezza che egli apprese disegnando spalla a spalla con il Piccio, amico fraterno, con il quale entrò assieme alla Carrara, Coghetti a 15 anni, quattro di meno l’altro: da quel momento ogni anno vinsero assieme tutti i premi dell’Accademia, ma paradossalmente progredì fino al genio quello che rimase in provincia, non quello che partì per la culla delle arti, l’eterna Roma, dove però si dipingevano solo romani antichi, Madonne e briganti e contadine laziali.
Se si pensa che in questi ultimi decenni tanti artisti dimenticati sono stati disseppelliti dall’oblio e resuscitati in grandi mostre, mentre Bergamo non ha mai pensato a dedicarne una a Francesco Coghetti, questo piccolo omaggio della galleria W.Apolloni vuole avere anche un intento di stimolo e di bonaria provocazione.
Tra le opere esposte si comincia con un precocissimo saggio di ritrattistica, un raro scorcio di vita quotidiana degli artisti a Roma, dipinto da Coghetti in breve tela raffigurando un gruppo di nove amici in un Caffè romano, dove in una sera del 1829 Coghetti immortalò se stesso mentre si accende il sigaro su un piccolo braciere, mentre in primo piano è ritratto Antonio Bianchini (1803-1883), singolare figura di miniaturista, pittore restauratore, filologo della patristica greca, e alfiere del purismo in arte e in letteratura. Accanto a lui si riconosce Ottavio Gigli, educatore e collezionista di memorie michelangiolesche, forse Francesco Podesti, ed altri sei ancora da identificare con certezza. Si spera che l’esposizione del dipinto raccolga suggerimenti utili da parte degli studiosi. Sempre Coghetti appare da solo, in piena evidenza, come riflesso in uno specchio, attraverso il secolo e mezzo che ci separa da lui, in un bellissimo autoritratto: ha tra i sessanta e i settant’anni ma la qualità della pittura e il piglio con cui tiene la sua tavolozza ci mostrano l’invidiabile vigore di una vecchiaia non doma, anche se un pò risentita.
Della sala di Alessandro affrescata a Villa Torlonia sulla Nomentana, vi è solo uno schizzo su carta di una delle scene che ne compongono la decorazione, illustrando le gesta del grande conquistatore macedone. In questo foglio Alessandro, ancora adolescente, doma l’indomabile cavallo Bucefalo quasi prefigurando la futura conquista dell’Asia. E’ da questo ciclo che Coghetti trasse ispirazione per un grande quadro ad olio che rielabora una delle scene già dipinte a fresco: Alessandro e il medico Filippo, in cui si rappresenta il conquistatore malato che ha bevuto la medicina somministrategli dal suo medico, mentre questi legge la lettera in cui si avvertiva Alessandro che lo stesso medico era stato corrotto affinché lo avvelenasse. Alessandro era sicuro che fosse una calunnia, ma volle così dare un’esemplare dimostrazione di coraggio e di fiducia, almeno secondo i biografi. Il quadro del tutto inedito e ignoto alle fonti, appare non interamente completato in qualche dettaglio, perfetta è però la vigorosa resa dei caratteri dei personaggi rappresentati.
Di questo stesso periodo è un disegno di estrema finitezza di una toccante Fuga in Egitto, forse preparatorio di un dipinto disperso in Inghilterra.
Di poco successivo il modellino-bozzetto della pala del Martirio di S. Lorenzo, commissionata a Coghetti per la Basilica di S. Paolo fuori le Mura. Il quadro, molto diverso, fu completato oltre dieci anni dopo.
Diversa dal disegno preparatorio che si espone dell’Ascensione di Cristo è anche la pala che fu effettivamente realizzata per il Duomo di Porto Maurizio, consegnata nel 1847.
Segue il bozzettino per Gli ultimi istanti di Ludovico Martelli morente, preparatorio per un grande quadro ora nei depositi della GNAM di Roma, acquistato nel 1849 dal Principe Sant’Antimo. Martelli fu lo storico protagonista di un famoso duello che si tenne il 12 marzo 1530, durante l’Assedio di Firenze, dove si affrontarono – però per questione di una donna – medicei e repubblicani. Episodio e personaggi che diedero materia al patriottico romanzo di F. D. Guerrazzi, L’Assedio di Firenze, e a quello di Agostino Ademollo, Marietta de’ Ricci, celebrati in quegli anni di rivoluzione, ma oggi quasi del tutto dimenticati.
Un altro bozzetto compendia in succose pennellate la monumentale macchina compositiva che è la pala di Ranica, del 1857, raffigurante la leggenda cristiana di S. Felicita e l’uccisione dei suoi sette figli, ri-narrazione cristiana del biblico martirio dei Maccabei. Un “Grand Guignol”, appena temperato dal misurato seicentesimo del pittore.
Un bozzetto e un disegno sono invece relativi alla decorazione di una cappella dei Padri Passionisti per l’antica Basilica di S. Giovanni e Paolo a Roma: il bozzetto a olio si presenta come un ex-voto, dove, anche se l’abilità accademica scaccia qualunque sospetto di ingenuità popolare, si percepisce, nel narrare il sovrannaturale, un effetto quasi surreale.
Infine un disegno finissimo e uno schizzo rappresentano la Conversione di Saulo sulla via di Damasco, una pala che Coghetti non fece mai, ma alla cui realizzazione forse concorse, facendosi superare dal vecchio suo maestro Camuccini, per S. Paolo fuori le Mura.
Opere esposte:
1) Ritratto di gruppo di artisti in un Caffè. Francesco Coghetti, Antonio Bianchini, Ottavio Gigli e altri sei personaggi, 1829, olio su tela, cm 33 x 41,5. Firmato e dedicato “All’amico Bianchini 1829”.
2) Studi di figure e angelo, penna su carta, cm 13,5×19.
3) Alessandro doma Bucefalo, penna e inchiostro acquarellato su carta, cm 24,7 x 34. Schizzo per l’affresco della Sala di Alessandro a Villa Torlonia in via Nomentana a Roma, 1835-39.
4) Alessandro e il medico Filippo, 1840 ca., olio su tela, cm 158 x 227.
5) Riposo durante la fuga in Egitto, 1844, matita, acquerello e biacca su carta, cm 26 x 35. Firmato e datato.
6) Il Martirio di San Lorenzo, olio su tela, cm 42,3 x 23,5. Bozzetto per la pala nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, 1845-50.
7) Ascensione di Cristo, penna, biacca e acquarello su carta, cm 37,5 x 21,9. Studio preparatorio per L’Ascensione di Cristo per il Duomo di Porto Maurizio (Imperia), 1847.
8) Ludovico Martelli ferito a morte prende congedo da Marietta de’ Ricci, olio su tela incollato su cartone, cm 14,5 x 19,5. Bozzetto per il dipinto del 1848-49, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna.
9) Martirio dei sette figli di S. Felicita, olio su tela incollato su tavoletta, cm 36,5 x 23. Bozzetto per la pala d’altare della Parrocchiale di Ranica (BG), 1857.
10) Un angelo appare nella stanza di un infermo, olio su tela, cm 33,7 x 67. Bozzetto per SS. Giovanni e Paolo, 1857-60.
11) Schizzo quadrettato per la lunetta di una cappella, con angeli e il Sacro Cuore di Cristo, 1857-60, matita su carta, cm 17,5 x 28.
12) S. Paolo cade da cavallo, 1859, disegno preparatorio, penna, acquerello marrone e biacca su carta, cm 25,7×35,3. Firmato e datato.
13) S. Paolo cade da cavallo, schizzo a matita su carta, cm 16 x 24.
14) Autoritratto con la tavolozza, 1862-70, olio su tela, cm 80,4 x 66.
15) Bozzetto per la pala di S. Felicita della Parrocchiale di Ranica (BG), 1834, olio su carta, cm 39,5 x 25,5. Dedicato in basso a destra “Coghetti all’amico Miglio, nella partenza da Roma”. Sul retro scritta autografa “S. Felicita. Coghetti dato in dono ad Andrea Miglio […] Coghetti lì 13 agosto 1835”.