Nato a Cappella Maggiore il 3 dicembre 1913, “si può dire che assimili fin da piccolo la passione per le arti plastiche attraverso il mestiere del padre, tagliapietra e ceramista, ma soprattutto nella bottega dello zio, lo scultore Giuseppe Garbellotto“. Così Vittorino Pianca introduceva la “nota biografica” apparsa nel catalogo della mostra retrospettiva delle opere di Toni Furlan che la città di Vittorio Veneto nel 1984 gli aveva dedicato nelle sale della Biblioteca Civica e dalla quale riassumiamo i dati salienti.
Avviato agli studi artistici presso l’Istituto d’Arte di Venezia, i suoi interessi in questo settore vengono interrotti durante il periodo del servizio militare che dura ben 11 anni, compresa la partecipazione alle vicende belliche sui vari fronti nel corso del secondo conflitto mondiale.
Alla fine della guerra, apre a Milano uno studio con il cognato Toni Vendrame (Toven), alla cui morte ne eredita il forno elettrico dando inizio ad una intensa attività come ceramista-pittore; è di quegli anni la collaborazione con Baciocchi e Giò Ponti, che gli è valsa lusinghieri apprezzamenti da parte della critica in occasione delle varie mostre a cui ha partecipato: Ia e IIa Mostra Nazionale d’Arte Sacra, a Bergamo (1946 e 1948), conseguendo anche un premio al concorso “Premio Pittura e Scultura Città di Bergamo” nel 1949.
Nel 1950 si trasferisce a Cortina d’Ampezzo dove apre un proprio studio e inoltre si dedica per vari anni all’insegnamento nel locale Istituto d’Arte.
Sono gli anni della maturità artistica, favorita dalla frequentazione di noti artisti del novecento italiano, quali Tomea, Potenza, Romanelli, Cesetti e Lucio Fontana, oltre che da una committenza di tutto rilievo identificabile nella migliore aristocrazia che allora frequentava il centro ampezzano, compreso il re Alberto I del Belgio, per il quale realizza un busto posto lungo la strada Falzarego-Pordoi.
Nel 1962 apre a Cappella Maggiore la “Ceramica Cortina”, spinto dalla volontà di utilizzare le proprie capacità inventive mettendole al servizio della produ­zione industriale, a conferma della validità ed attualità del motto di Gropius alla Bauhaus di Weimar: “Architetti, scultori, pittori, dobbiamo tutti ritornare all’artigianato”. Ecco che allora le piastrelle della “Ceramica Cortina” realizzate sotto la sua vigile direzione artistica, varcano gli oceani per decorare i pavimenti di edifici pubblici e privati di tutto il mondo, compresa l’Australia; in Italia, tra le commissioni più prestigiose si annovera la decorazione dei pavimenti di Palazzo Labia a Venezia, sede regionale della RAI, anche se è il caso di ricordare che molte delle abitazioni del Vittoriese risultano arredate arti­sticamente proprio grazie ai felici esperimenti con smalti e ceramica attuati da Toni Furlan.
Nel 1964 decora il parapetto dell’atrio della scuola elementare di Cappella Maggiore con quattro pannelli di cm 80×200 costituiti da 40 piastrelle ciascuno, raffi­guranti altrettanti momenti di vita scolastica, con l’e­ducazione artistica, musicale, tecnologica e fisica, la cui trama narrativa, che tradisce le suggestioni per la decorazione ad affresco del “Liviano” a Padova, opera di Campigli, si intravede appena nel contesto di una materia pittorica dalle tonalità estremamente basse. La data “ ‘64 ”, sotto la firma “T. Furlan”, è stata scritta sulla piastrella in basso a destra dell’ultimo pannello.
Le sue opere sono custodite in musei di New York, Caracas, Vienna e Monaco di Baviera; il Museo del Cenedese di Vittorio Veneto conserva una statua in bronzo dal titolo “Il velo del vento”, notevole per la raffinata semplificazione formale, che è stata donata alla città degli eredi in occasione della citata retrospettiva del 1984. Del resto egli era molto noto nell’ambiente artistico vittoriese; lo confermano le diver­se mostre a cui aveva partecipato con successo quand’era ancora in vita: nel 1966 la ‘Mostra collettiva degli Artisti Vittoriesi”, oltre alle personali alla “Galleria d’Arte Moderna La Sfera” nel 1973 e 1974. Tra le opere esistenti a Cappella Maggiore, si segna­lano alcuni monumenti funebri del cimitero: il basso­rilievo scolpito in marmo in memoria di “Leonardo Garbellotto pilota” tragicamente perito nel 1939, a soli 24 anni, nello svolgimento della sua attività di istruttore di volo (il novello “Icaro” è stato scolpito sul cielo dell’Italia e del Mediterraneo, contrassegnati dalle tappe fondamentali della sua carriera: Maiorca, zona operativa, Forlì, sede della scuola aeronautica, e Cappella Maggiore, terra natia); la fascia decorativa in terracotta con putti musicanti che orna la tomba della famiglia Carnielli, firmata e datata 1949 (sua dovrebbe essere pure quello stupendo busto di ‘Donna con bambino’ che vive in una atmosfera di grande tenerezza); ma soprattutto il “Crocefisso” di bronzo della tomba della sua famiglia dove le sue spoglie riposano dopo che la morte lo colse il 25 aprile 1980.

 

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