Figlio secondogenito di Achille Muzio e Sestilia Chiavarelli, nasce a Fossombrone il 23 maggio 1887. Il fratello maggiore, Giovanni, letterato, lo protesse in gioventù. Le sorelle, Emilia “La bigia” e Maria, a lui dedicarono la vita. Trasferita la famiglia prima a Cittadella e ad Este poi, Anselmo studiò al Liceo Classico Foscarini di Venezia. Già pittore da liceale, si trasferì a Monza nel 1904, e frequentò solo per un anno l’Accademia di Brera. Con Leonardo Dudreville come compagno d’arte, si trasferì alla fine del 1906 a Parigi, dove risiederà fino al 1915. Partecipa già al Salon des Artistes Français del 1907. Frequenta Modigliani, Lorenzo Viani, il critico André Salmon, Suzanne Valadon. Conosce di vista Picasso. L’unico da lui riconosciuto maestro fu il pittore Julien Adler (1865-1952), pittore naturalista vicino alle masse diseredate. A Parigi si guadagnò da vivere soprattutto come incisore, a punta secca, delle strade e delle piazze della capitale francese. La sua maestria di incisore è innegabile, ed egli non smise mai di praticare quest’arte, oltre alla pittura. In vita produsse circa 650 incisioni. Viaggia in Francia, Olanda, Belgio, e nel 1913 in Sardegna e in Marocco. Del 1914 è il suo dipinto “Caffè di Place Blanche”.
Impermeabile alle seduzioni del futurismo che avevano incantato l’amico Dudreville, torna in Italia e si arruola con i futuristi del Battaglione Lombardo Ciclisti. Narrerà la morte del compagno d’arme Sant’Elia nel racconto “Un sentiero nella nebbia”. Diventa pittore, disegnatore e incisore di guerra ed espone a Milano in varie occasioni, lodato e premiato. Nel 1920 è chiamato a esporre alla Biennale. Nel 1921 la sua personale alla Galleria Pesaro coincide con un cambio di rotta stilistica alla ricerca della tradizione. Espone “I Pittori” (Pesaro, Provincia), che poi rielaborerà nel 1924. È Bucci ad inventare il nome di “Novecento” per il gruppo di artisti radunati attorno a Margherita Sarfatti. Anche lui ne farà parte, dissociandosi però già nel 1925, pur partecipando saltuariamente alle loro mostre. Inizia a scrivere per il Corriere della Sera e L’Ambrosiano. Il suo primo libro di pensieri, aforismi e memorie, “Il pittore Volante”, vince nel 1936 il primo Premio Bagutta. Nel 1938 affresca una “Civiltà Italiana che libera l’Abissinia dalla Schiavitù” per il Tribunale di Milano. Cura il decoro di ben tre navi da crociera.
Nel 1941-2 torna pittore di guerra seguendo le tragiche vicende della nostra marina da guerra, pur celebrata nel libro “Marinai” del 1942. Nel 1943 il suo studio di Milano è bombardato.
Si ritira a Monza. Anche dopo la guerra scrive, dipinge, disegna ed espone, ma sempre più astioso verso il mondo. Nel 1954 è l’ultima personale alla Galleria Gussoni di Milano. I “Ricordi di Parigi” sono pubblicati nel 1955. Il 19 novembre dello stesso anno muore nella sua casa di Monza. Alla Biennale del 1956 si espone una sua retrospettiva per celebrarne la memoria. Lascia un’opera sterminata e poco nota. Un nu nucleo importante di essa è visibile nella Quadreria Cesarini di Fossombrone, lascito di un notaio che ebbe la pazienza di essere suo mecenate. La sua autobiografia Pane e Luna, fu pubblicata postuma da Carlo Bo nel 1977.