Ettore Tito, artista del novecento italiano

Ettore Tito

Ettore Tito

Ettore Tito nasce a Castellammare di Stabia il 17 dicembre 1859.
Si sposta subito a Venezia, città di cui era originaria la madre. Nella città lagunare inizia i suoi studi all’Accademia di Belle Arti, avendo per maestro Pompeo Marino Molmenti.

La prima produzione pittorica dell’artista risente molto dell’influsso di Favretto e Mariano Fortuny. Nel 1887 esegue Pescheria Vecchia, quadro dal forte influsso favrettiano, che ottiene un grande successo, e che successivamente viene acquistato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

Con il passare degli anni Tito si avvicina sempre di più alla grande pittura veneta del settecento che aveva modo di vedere dalle opere custodite in gallerie e chiese.

Durante l’arco dell’ultimo decennio del secolo, l’artista inizia a esporre in tutte Europa, nel 1893 conquista il primo premio alla mostra di Roma e nel 1900 vince, all’esposizione di Parigi, la medaglia d’oro.
Nel 1911, grazia all’opera Deposizione, che viene successivamente acquistata dal Museo di Bueno Aires, vince un altro prestigioso premio a Roma.

Proprio nella Capitale risiede tra il 1914 e il 1919, nello stesso anno gli viene dedicata una grande personale alla Galleria Pesaro di Milano.

Artisticamente Tito si occupa soprattutto di ritrattistica, subendo gli influssi di Giovanni Boldini e Sargent.
Nel 1929 viene nominato Accademico d’Italia e decora il soffitto della Chiesa degli Scalzi.
Nel 1936 partecipa alla sua ultima Biennale di Venezia

Muore a Venezia il 26 giugno 1941.

Renzo Vespignani, artista italiano del novecento

Renzo Vespignani

Renzo Vespignani

Renzo Vespignani, artista italiano del novecentoLorenzo, detto Renzo, Vespignani nasce a Roma il 19 febbraio 1924.
Cresce a Portonaccio, difficile quartiere nella periferia romana; durante l’occupazione tedesca decide di dedicarsi alla pittura e all’incisione.

Nel 1945 partecipa alla sua prima mostra a Roma, esponendo opere influenzate fortemente dagli artisti espressionisti tedeschi Grosz e Dix. Vespignani si dedica anche alla realizzazione di illustrazioni per numerose riviste. Nel 1956 è tra i fondatori della rivista Città Aperta, mentre tre anni dopo fonda con altri artisti il gruppo Il Portonaccio, con il proposito di realizzare opere direttamente ispirate ai quartieri popolari della capitale.
Durante gli anni 50 partecipa regolarmente alle Biennali di Venezia, e nel 1958 espone alla London Gallery di Los Angeles.

Dal 1969 Vespignani inizia i grandi cicli dedicati alla crisi e ai grandi cambiamenti mondiali che dopo il ’68 avevano contaggiato molti paesi: L’Imbarco per Citera, del 1969; L’Album di famiglia del 1971 e infine Tra le due guerre del 1973 – 1975.
Parallelamente alla sua produzione pittorica, l’artista di dedica anche all’illustrazione delle opere letterarie dei grandi autori, come Leopardi, Kafka e Boccaccio.

Durante questi anni è impegnato anche come scenografo.
Nel 1985 espone all’Accademia di Francia a Villa Medici, e nel 1999 viene eletto presidente dell’Accademia di San Luca.

Muore a Roma il 26 aprile 2001

Alberto Ziveri, artista italiano del novecento

Alberto Ziveri

Alberto Ziveri

Alberto Ziveri, artista italiano del novecentoAlberto Ziveri nasce a Roma nel 1908. Tra il 1921 e il 1929 frequenta il Liceo Artistico e la scuola serale di Arti ornamentali del San Giacomo. Sperimenta anche la scultura che gli serve per comprendere il senso del volume e della luce. Il mestiere lo apprende nella bottega dell’ affrescatore liberty Giulio Bargellini dove si lega d’amicizia con Guglielmo Janni, pittore di grande e raffinata cultura (è pronipote di Giuseppe Gioachino Belli), che lo spinge sulla strada della pittura. Nel 1928 esordisce con dei disegni alla XCIV Esposizione della Società Amatori e Cultori di Belle Arti. Tra il 1928 e il 1930 soggiorna ripetutamente nei dintorni di Parma (città d’origine della famiglia paterna), dove studia Andrea Mantegna, Parmigianino e Correggio, e a Milano per compiere il servizio militare nel corpo dei Bersaglieri.
Nel 1931, frequentando la scuola Libera del Nudo conosce il giovane scultore marchigiano Pericle Fazzini, che diventa il suo migliore amico, ed insieme affittano uno studio. Agli inizi degli anni Trenta fa parte della nuova generazione artistica che, con Corrado Cagli, Renato Guttuso, Pericle Fazzini, Afro e Mirko Basaldella, gravita intorno alla Galleria di Dario Sabatello. Il giovane gallerista punta molto su di lui, gli organizza nel 1933 la prima personale, in cui riscuote un discreto successo di critica e nel 1935 lo inserisce nella “Exhibition of Contemporary Italian Painting” che, itinerante negli Stati Uniti, include artisti come Giorgio de Chirico, Gino Severini, Giorgio Morandi e Mario Sironi. Da questo momento prende parte a tutte le più importanti esposizioni in Italia e all’estero. Nel 1933 realizza una pittura murale in un interno della “Casa di Campagna per un uomo di studio”, realizzata da alcuni architetti romani, tra cui Luigi Moretti, per la V Triennale di Milano.
Nel 1935 alla II Quadriennale d’Arte Nazionale di Roma espone accanto ai programmatori del “tonalismo”: Giuseppe Capogrossi ed Emanuele Cavalli, mentre la critica lo segnala tra le rivelazioni dell’esposizione. Il culmine della sua stagione tonale è costituito dalla personale nel 1936 nella Galleria della Cometa, fondata a Roma da Anna Laetitia Pecci Blunt, tra i suoi collezionisti.
Nel 1937 e nel 1938 è in Olanda, Francia, Belgio e Svizzera dove prende visione della pittura di Gustave Courbet, Eugène Delacroix, Rembrandt e Jan Vermeer ed osserva altre realtà. Nel 1938 alla XXI Biennale di Venezia avviene il suo esordio realista, che concorre ad aprire una nuova fase stilistica all’interno della scuola romana. D’ora in poi, come dichiara lo stesso artista nei suoi scritti, il realismo è la sua “morale”. Tormento, violenza e solitudine, traspaiono in immagini crudelmente quotidiane. Nascono così gli intensi Autoritratti , ritratti di soldati, mercati della carne, processioni religiose, attese senza tempo nei postriboli, amplessi vissuti come lotta, risse. Nel 1943 vince il terzo premio per la pittura alla IV Quadriennale di Roma con uno dei suoi capolavori, Giuditta e Oloferne e inoltre è richiamato alle armi. Nel 1946 alla Galleria di Roma tiene la prima personale con la nuova produzione. Vi presenta anche un nutrito gruppo d’incisioni, tecnica che va coltivando dal 1926, ma che dalla scoperta di Rembrandt si è caricata di tutt’altre potenzialità espressive. Nel 1952 l’editore Luigi De Luca gli dedica la prima monografia, con un saggio di Leonardo Sinisgalli. In piena deflagrazione tra “formalisti” e “realisti” si schiera dalla parte di quest’ultimi. Nel 1956 alla XXVIII Biennale di Venezia, Roberto Longhi lo definisce il maggiore realista italiano vivente, riconfermando questa consacrazione storica nella presentazione alla personale del 1964, che allestisce a Roma nella Galleria La Nuova Pesa. Le opere quasi tutte realizzate tra il 1957 e il 1964 presentano una nuova fase realista in cui il conflitto tra “romantico” e “classico” appare placato e risolto. Nel 1983 D. Durbè, M. Fagiolo e V. Rivosecchi raccolgono in un volume le sue incisioni. Gli stessi critici nel 1984 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna curano un’antologica sulla sua pittura, mentre nel 1989 Ziveri vince il Premio Viareggio-Rèpaci.
Muore a Roma nel 1990.