La musa ossessiva di Érik Desmazières

La Galleria W. Apolloni & la Galleria del Laocoonte in collaborazione con la Galleria Ditesheim & Maffei presentano:
La Musa ossessiva di Érik Desmazières.
Acquarelli, tempere, acqueforti.
Catalogo a cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli
Dal 30 maggio al 30 giugno 2025
Galleria W. Apolloni, Gabinetto dei Disegni
Via Margutta 53b – 00187 Roma
Cell.: +39 3481234707
Tel.: +39 06 36002216 e +39 06 68308994
Orari mostra: dal martedì al venerdì h 10.00-13.00 e 15.00-19.00; sabato h 10.00-13.00
Vernissage: 29 maggio h 18.00
La Galleria W. Apolloni e la Galleria del Laocoonte di Roma, in collaborazione con la Galleria Ditesheim & Maffei di Neuchâtel, hanno l’onore di presentare la prima mostra monografica romana del grande incisore e disegnatore ÉRIK DESMAZIÈRES, membro dell’Accademia di Belle Arti, presidente della Société des peintres-graveurs dal 2006 al 2022, direttore del Museo Monet, per nominare solo i più importanti onori e cariche piovuti sulla testa di questo artista, per chiara fama e meriti indiscussi, senza che il loro peso ne abbia potuto stravolgere il suo carattere paziente e modesto o rallentare la pratica metodica e costante del suo lavoro.
Accogliere per la prima volta a Roma una mostra di Erik Desmazières è motivo di profondo onore, sebbene l’artista avesse già presentato nel 1978 una sua esposizione personale nella capitale, presso la Galleria Don Chisciotte in via Angelo Brunetti, sotto la direzione di Giuliano de Marsanich. Un evento oggi tanto più significativo se si considera come Roma, con le sue rovine e le sue architetture senza tempo, sia stata il soggetto prediletto delle incisioni di Giovanni Battista Piranesi: figura che, agli esordi, non solo ispirò Desmazières, ma che influenzò profondamente l’architettura francese del Settecento, traghettandola dal Rococò al Neoclassicismo e alimentando i sogni visionari dell’Illuminismo. In questa luminosa e tormentata eredità, tra ragione e immaginazione, Desmazières si inscrive quale epigono autentico e raffinato.
Érik Desmazières è infatti, in un certo senso un architetto, capace di progettare interni fantastici, spazi infiniti, città impossibili, ma interamente sulla carta, grazie ad una virtù indiscussa di disegnatore che trova poi nella instancabile maestria dell’acquaforte e dell’acquatinta i suoi raggiungimenti più perfetti. A volte poi, il foglio stampato viene ripreso e colorato all’acquarello, ripassato a tempera fino a nascondere il tratto inciso, diventando così un vero e proprio dipinto su carta, un pezzo unico.
Nato a Rabat in Marocco nel 1948, figlio di un diplomatico francese, il giovane Érik disegna da sempre, con negli occhi i paesaggi dell’esotica sua terra natale e le tavole dei romanzi di Jules Verne che sono tra le sue prime letture. Tornato in Francia per diplomarsi in Science Politiche secondo la tradizione familiare, dopo brevi studi di architettura scopre l’arte dell’incisione, per la quale fu galeotta una visita ad Amsterdam, alla mostra del tricentenario della morte di Rembrandt, dove scopre le sue favolose acqueforti.
Un’acquaforte qui esposta, riproduce la stanza della collezione di antichità e curiosità che fu del maestro olandese, ricostruita nella Rembrandthuis, la casa dove il grande pittore abitò. Qui si celebra il ricordo dell’inizio della vocazione di Desmazières, ma l’acquaforte è anche una testimonianza del costante omaggio, nella sua produzione, alle antiche raccolte d’arte e di meraviglie che sono le antenate dei nostri moderni musei. Una di queste, Kunstkammer, è la straordinaria ricostruzione di uno spazio fitto, fino all’horror vacui, di naturalia et artificialia, reperti zoologici, vegetali, geologici, rarità archeologiche ed etnografiche, oggetti di prezioso artigianato e strumenti scientifici, così come li troviamo riprodotti nei frontespizi figurati degli antichi cataloghi seicenteschi. Un gusto per il curioso, il raro e il bizzarro, disposto e immaginato in uno spazio chiuso che ispira anche altre composizioni, come Wunderbibliothek, Biblioteche e altre curiosità, o Musaeum Clausum, omaggio alla singolare figura di Sir Thomas Browne (1605-82), medico, scienziato, collezionista e scrittore, che fu tra i padri dell’empirismo inglese. È infatti il titolo latino di un’operetta dove lo scrittore britannico elenca una collezione di reperti e libri davvero rarissimi, perché tutti rigorosamente inesistenti, partoriti dalla sua fervida e sapiente fantasia. Reperti naturali sono Il Granchio e I Coloquinti, cioè le piccole zucche che si coltivano solo per bellezza, in cui rivivono la precisione e il pittoresco dei primi libri scientifici illustrati del ‘600.
Omaggio al ‘600, e al grande incisore lorenese Jacques Callot (1592-1635), che divenne il sommo incisore che conosciamo in Italia, e precisamente nella Firenze medicea, è la grande Tentazione di Sant’Antonio, copiata e ingrandita da Desmazières da una grande incisione del 1617, rarissima perché la lastra andò presto perduta, in cui la figura del Santo, minuscola, è quasi solo il pretesto per mettere in scena, come in una scenografia teatrale di una festa medicea, un intero inferno popolato da diavoli, orribili e grotteschi ad un tempo. Qui, dove un pandemonio di mostriciattoli fiamminghi animano un fondale manierista italiano, si raggiunge un prodigio tecnico degno appunto di Callot, ma anche una raffinatezza della citazione che diviene un’operazione concettuale.
La biblioteca come incubo fatto di libri è l’idea de La Biblioteca di Babele, famoso racconto dello scrittore argentino Jorge Luis Borges. Desmazières ha rappresentato questa raccolta di libri, infinita e impossibile, facendo ricorso all’architettura visionaria di Borromini e, segnatamente, al catino della cupola della Sapienza che, vertiginosamente rovesciata, sembra proiettarsi all’infinito.
Non ci si sorprende che la Bibliotheque Nationale, svuotata dei libri trasferiti nella nuova modernissima sede di Tolbiac, abbia voluto commissionare a Desmazières il ritratto dei grandi spazi vuoti, fatti di scale e scaffali metallici, percorsi dai tubi della messaggeria pneumatica. Il Deposito Centrale degli stampati potrebbe anche essere l’interno di una grande astronave abbandonata e non una biblioteca svuotata in attesa di ristrutturazione. La Biblioteca devastata sembra invece una foto di cronaca dei tempi nostri, che hanno visto andare in fumo a Bagdad e a Sarajevo, patrimoni inestimabili di sapere come al tempo dei barbari.
Desmazières è un maestro nel rappresentare la magia silenziosa degli spazi chiusi, come ne L’atelier di George Leblanc, iper-reale riproduzione del laboratorio dove l’artista ha stampato per anni le proprie stesse acqueforti, qui deserta di uomini e fogli, sospesa in un irreale riposo.
È un realismo impeccabile, capace di generare un’atmosfera metafisica e inquietante, come ne L’atelier di Louis Icart, uno spazio caratteristico di studio d’artista, che riflesso sulla superficie di uno specchio sferico, alla maniera di M. C. Escher, si deforma in lucido incubo.
Il negozio di Robert Capia riproduce alla perfezione la bottega di un amico antiquario, specializzato in bambole e giocattoli antichi, che fino al 2004 costituiva una delle maggiori attrattive della Galerie Véro-Dodat, uno dei più eleganti antichi passages coperti di Parigi. La precisione lenticolare, l’implacabile prospettiva di vetro e ferro, hanno trasformato una cara memoria in un’inviolata capsula del tempo, così come può apparire una tomba etrusca, ancora sigillata, all’endoscopio degli archeologi.
Il Sacco di Roma è un ossequio alle prospettive architettoniche romane, al gusto delle rovine, alle surreali ed eleganti battaglie della pittura manierista. È l’opera di un artista innamorato del passato, ma non insensibile alle suggestioni dei moderni, dai fumetti di fantascienza francesi al paesaggio metafisico degli ultimi surrealisti.
È con un omaggio a Roma che si chiude questa lista di opere, che vuole dare a Roma un’idea delle opere di Desmazières. Con l’augurio che proprio questa mostra, che avrà il privilegio della presenza dell’artista stesso, nel giorno della sua inaugurazione, sia occasione per Desmazières di trovare nuova ispirazione a Roma per future opere ancora più straordinarie. Dopo tutto Piranesi abitava e lavorava a due passi da qui, a via Sistina. Da via Margutta è un attimo. Basta salire una scalinata, anche se non è, quella di Trinità dei Monti, una scalinata qualsiasi.